Venezia 70


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La Mostra apre nel segno di Clooney

'Venezia 70 – Future Reloaded', l’omaggio di 70 registi clooney_venezia2013_296

di Sandro Calice

La 70ma edizione della Mostra del cinema di Venezia si apre naturalmente nel segno di George Clooney, arrivato al Lido in compagnia di Sandra Bullock, coprotagonista del film di fantascienza, fuori concorso, “Gravity”, di Alfonso Cuaròn, applaudito alle proiezioni per la stampa. E oggi è anche il giorno di “Venezia 70 – Future Reloaded”, il progetto che ha riunito 70 registi di tutto il mondo che in un cortometraggio di 60-90 secondi hanno reso omaggio ai 70 anni della Mostra.

Giovedì comincia la gara vera, e ad aprirla sarà un film italiano, “Via Castellana Bandiera” di Emma Dante. Gli altri film in competizione della giornata sono “Tracks” di John Curran e “Die Frau des polizisten(The police officer’s wife)” di Philip Groning.

GRAVITY

di Alfonso Cuaron, Usa 2013 (Warner Bros.)
Fotografia di Emmanuel Lubezki, ASC, AMC
con Sandra Bullock, George Clooney


Nello spazio profondo come nella vita, il buio bisogna affrontarlo se si vuole sopravvivere.

Ryan Stone (Bullock) è un ingegnere biomedico alla prima missione spaziale. Non poteva capitarle equipaggio migliore, visto che sulla navicella trova, insieme ad altri tecnici, il tenente Matt Kowalsky (Clooney), logorroico ed espertissimo veterano alla sua ultima missione. E’ un compito facile, Stone deve solo riparare un modulo per le comunicazioni e poi tutti a casa. Ma gli imprevisti, si sa, non avvisano: la navicella viene distrutta e Stone e Kowalsky si trovano alla deriva, con poco ossigeno e solo la loro intelligenza e il loro cuore per riuscire a opravvivere.

“Gravity” è un thriller di fantascienza visivamente e tecnicamente grandioso. Si prende fiato ai titoli di testa e lo si trattiene per gran parte del film. Il regista ha credibilmente replicato l’assenza di gravità e i risultati sono quasi perfetti, grazie anche alla bravura degli attori, con movimenti di macchina sorprendenti. La forza del film è soprattutto questa. Poi, come dice lo stesso Cuaròn (“Y tu mamà tambièn”, “I figli degli uomini” , “Harry Potter e il prigioniero di Azbakan”), “si parla di avversità, di rinascita, del senso della morte, della sua accettazione e di personaggi che vivono come in una bolla e che, per ripartire, devono piantare i loro piedi bene a terra”. In conferenza stampa Sandra Bullock ha parlato di "un'esperienza per la mente e il fisico", e siccome il suo personaggio nella vita ha subìto un trauma, racconta: “Mi sono dedicata alla trasformazione del mio corpo, volevo eliminare tutto ciò che avevo di femminile, ma ne è valsa la pena”. Clooney gigioneggia come al solito e come il suo personaggio. Respinto l’attacco di un giornalista un po’ troppo appassionato, però, non si sottrae a domande più serie e confessa di aver comprato il collegamento di un satellite per sorvegliare gli orrori che avvengono nella regione sudanese del Darfur, per la quale è da sempre impegnato: ''Ho comprato una spia in un satellite per controllare il Sudan, sapere e vedere le atrocità che si compiono lì. E' stato un successo, anche se quando ci sono le nuvole occorrono i raggi infrarossi''. E quando gli chiedono cosa debba fare secondo lui il presidente degli Stati Uniti Barack Obama per la crisi siriana, sorride: ''Mi aspettavo questa domanda e anche una su Ben Affleck (fortemente criticato per aver ottenuto il ruolo di Batman nel prossimo film su Superman, ndr), ma devo dire che per la Siria non credo di avere una risposta".



“Venezia 70 – Future Reloaded” è ovviamente impossibile da raccontare. I 70 registi che hanno accettato di partecipare al progetto, tra giovani talentuosi e maestri riconosciuti (tra gli altri, Bertolucci, Olmi, Kiarostasmi, Gitai, Schrader, Salles, Breillat, Egoyan), tutti in qualche modo con una partecipazione alla Mostra negli ultimi 20 anni, rendono un omaggio non solo a Venezia, ma al Cinema in generale, immaginando anche traiettorie future. Spicca la quasi totale assenza di leggerezza, tra 70 ne ricordiamo pochissimi che scelgono espressamente il registro dell’umorismo. Alcuni sono immagini fisse con voci e rumori di sottofondo, altri riescono a essere noiosi anche in 60 secondi, moltissimi hanno al centro del racconto smartphone e tablet, come mezzi dai quali il cinema futuro non potrà prescindere. E poi, naturalmente, una pioggia di citazioni, da Bertolucci che con “Red shoes” omaggia le scapette rosse di Powell e Pressburger, Kiarostami e “L'innaffiatore innaffiato” dei fratelli Lumière, Shirin Neshat e “La corazzata Potemkin”, Guido Lombardi e “Via col vento” e altri ancora. Gli italiani, oltre ai citati, sono rappresentati da Salvatore Mereu, Davide Ferrario, Franco Maresco, Michele Placido, Giuseppe Piccioni, Pietro Marcello, Antonio Capuano, Franco Piavoli. Che sia di buon auspicio per il futuro, magari con qualche sorriso in più.