Un anno dopo l’attacco


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Malala ora è un simbolo

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E' passato un anno da quando, il 9 ottobre 2012, Malala Yousufzai è stata ferita dagli spari esplosi contro di lei dai talebani nella valle dello Swat, in Pakistan. Il mondo la guarda come un'eroina, una coraggiosa paladina dei diritti all'istruzione e delle bambine, mentre qualche giorno fa è uscita la sua autobiografia 'Io sono Malala'.

Ma in Pakistan, i militanti minacciano di ucciderla se tornerà nel Paese e la paura dei militanti ha il sopravvento e domina la vita. Malala, ora 16enne, vive a Birmingham nel Regno Unito, dove era stata trasferita per essere curata dalle ferite riportate nell'attacco. I suoi assalitori, invece, restano liberi.

Poco dopo l'agguato del 9 ottobre dell'anno scorso, gli scolari pakistani riempirono le strade di cartelli con la scritta 'Sono Malala'. Oggi le cose sono cambiate. Nell'anniversario odierno, la scuola che la giovane frequentava nella valle dello Swat non ricorderà l'assalto: studenti e insegnanti hanno paura. L'insegna dell'istituto è stata rimossa, mentre le bambine con le teste coperte dal velo continuano a frequentarlo.

Anche il grande poster che era stata affisso sul muro della hall è stato tolto. I bambini si nascondono alle telecamere e il principale, Selma Naz, parla velocemente e sommessamente: "Siamo stati minacciati, abbiano tantissimi problemi. Tutto è più pericoloso per noi, dopo che hanno sparato a Malala e per l'attenzione che questo ha attirato", spiega. "I talebani - prosegue - sono molto pericolosi. Se ne sono andati dallo Swat, ma sono ancora presenti qui. Sono nascosti, ma sono qui e tutti nei nostri cuori abbiamo paura". Per questo, un commando armato staziona di guardia fuori dal cancello nero.

Il 9 ottobre del 2012, Malala uscì dallo stesso cancello, ridendo con le amiche mentre saliva sul retro del pick-up usato per trasportare le scolare. Lungo il tragitto, all'altezza di uno stretto ponte, un uomo mascherato e armato fermò il veicolo. Un altro salì sul retro, armato di una pistola. "Chi è Malala?", urlò. Nessuno rispose, ma tutti voltarono la testa verso di lei.

Lui sparò contro la ragazzina più volte. Un proiettile la colpì nella parte alta della testa, mentre altri due colpi ferirono non seriamente due amiche. Malala fu trasferita in un ospedale militare vicino a Islamabad, dove fu operata d'urgenza. Il padre Ziauddin, certo che la figlia non sarebbe sopravvissuta, mandò un messaggio al cognato chiedendogli di preparare una bara e un'auto con cui portare a casa il corpo. Malala, invece, si svegliò una settimana dopo in un letto d'ospedale a Birmingham, nel Regno Unito, dove era stata trasferita per essere curata. Gradualmente, ha riacquistato la vista e la voce.

Ma il sostengo e i riconoscimenti che ha ricevuto in Occidente, inclusa la nomination al Nobel per la Pace che poi è stato assegnato all'Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), hanno risvegliato sentimenti antioccidentali in Pakistan, dove migliaia di civili e almeno 4mila soldati sono morti per l'insorgenza islamica. Frustrati dalla rivendicazione secondo cui la parte 'ricca' del mondo dovrebbe fare di più, molti pakistani vedono infatti l'acclamazione di Malala come un dramma recitato per far crescere ancora di più le critiche al Paese. Nello scorso dicembre, un gruppo di studenti ha protestato contro la decisione del governo di rinominare una scuola della valle dello Swat con il nome College femminile Malala Yousufzai. L'istituto ha mantenuto la denominazione originale.

La battaglia di Malala per l'educazione delle bambine è iniziata quando aveva appena 11 anni, in un momento in cui i talebani agivano e si muovevano apertamente nella valle, facendo esplodere scuole e colpendo i soldati. "Erano tempi molto duri e Malala parlò in tv e sui giornali, fu minacciata, così come il padre", racconta Ahmed Shah, amico di famiglia ed educatore, a sua volta minacciato di morte per le sue attività a favore dell'istruzione delle bambine. Il governo pakistano, ha spiegato, è stato il primo a riconoscere il coraggio della ragazza, dandole il premio Nazionale per la pace nel 2011, un anno prima che le sparassero.

Anche Malala paga il prezzo della sua notorietà, dice. "L'altro giorno parlavo con il padre, che mi ha detto che Malala piange e continua a chiedere 'Quando potrò studiare? Vado in America, in Austria, in Spagna per tanti giorni e non ho tempo neanche per una lezione di geografia'", racconta l'amico di famiglia.

Secondo Shah il fatto che gli aggressori della ragazza siano ancora liberi non aiuta. Non saranno mai presi probabilmente, sottolinea, perché raramente la polizia indaga su un incidente se i talebani lo rivendicano. E se indaga, di solito la paura spinge i giudici a rilasciare gli imputati, spiega l'avvocato locale Aftab Alam. Ufficiali dell'esercito hanno identificato l'assalitore di Malala come Attaullah, fuggito in Afghanistan, mentre la polizia dice che il caso chiuso.

La sorella del sospettato, Rehana, nella sua casa di montagna nella valle dello Swat ha detto ad Associated Press: "Non sappiamo dove sia, se sia vivo o morto". Intanto, ancora la scorsa settimana i talebani hanno minacciato di uccidere Malala, se tornerà in Pakistan come lei ha detto di sognare. "Se la troveremo, allora tenteremo di ucciderla una volta per tutte. Ci sentiremo orgogliosi della sua morte", ha detto il portavoce dei talebani Shahidullah Shahid.