Il punto


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Gioco del cerino sulle larghe intese

Da Berlusconi e da Renzi bordate verso il governo

di Rodolfo Ruocco

Esistono due giochi del cerino. Il primo è quello che si faceva da ragazzi: un cerino acceso passava rapidamente da una mano all’altra, vinceva chi non si bruciava le dita restando con la fiammella incandescente. Il secondo gioco del cerino si faceva durante la Prima guerra mondiale, quasi cento anni fa, ed era molto più pericoloso perché si rischiava la vita. Quando i fanti italiani in trincea si volevano fumare una sigaretta di notte, dovevano stare molto attenti. Quando il cerino veniva acceso il cecchino austriaco imbracciava il fucile, al secondo passaggio di mano prendeva la mira, al terzo sparava.

Sul governo di larghe intese tra Pd, PdL e Scelta Civica c’è chi pratica il gioco del cerino. Silvio Berlusconi e Matteo Renzi strattonano da mesi l’esecutivo guidato da Enrico Letta, tuttavia per ora nessuno vuole assumersi la responsabilità di far cadere il governo. E “il cerino” continua a passare velocemente da una mano all’altra. Tra novembre e dicembre il gioco potrebbe finire. Qualcuno potrebbe rimanere con il cerino acceso in mano su due temi caldi: il disegno di legge di Stabilità economica all’esame del Senato e la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi dopo la condanna della Cassazione per frode fiscale (il voto dell’assemblea di Palazzo Madama potrebbe esserci a fine novembre).

Berlusconi, nell’ufficio di presidenza del Pdl di venerdì scorso che ha azzerato la cariche del partito e accelerato la rinascita di Forza Italia, è stato chiaro verso il Pd e il governo: “Se mi voteranno contro sulla mia decadenza , mi chiedo come potremo andare avanti insieme”. Il Cavaliere ha sollevato molte critiche anche sulla legge di Stabilità, per lui zavorrata da troppe tasse sulle imprese e i cittadini. Verso i dissidenti, come Angelino Alfano e i quattro ministri del PdL che non hanno partecipato all’ufficio di presidenza, ha cercato di non rompere i ponti: “Sono certo che resteremo tutti uniti. Alfano me lo ha assicurato, penso che sia tutto a posto”. Renato Brunetta, tra i “falchi” del PdL è stato chiaro. “O il premier cambia la legge di stabilità ed evita la decadenza di Berlusconi, o le larghe intese sono finite”, ha scritto il capogruppo alla Camera su Twitter. Ci sarà la scissione o verrà sanata la frattura tra “falchi” e “colombe”? La partita finale, salvo imprevisti, verrà giocata nel consiglio nazionale del PdL, convocato per l’8 dicembre, la data della festa della Madonna Immacolata, lo stesso giorno nel quale si svolgeranno le elezioni primarie del Pd sulla corsa alla segreteria al posto di Guglielmo Epifani.

Renzi, nella sua convention dello scorso fine settimana alla stazione Leopolda di Firenze, ha ribadito le critiche agli esecutivi di grande coalizione: “Basta inciuci, basta larghe intese”. Ha chiesto una nuova legge elettorale maggioritaria e bipolare, bocciando il sistema proporzionale: “Quello che governa è per cinque anni responsabile. Mai più larghe intese e questo non significa essere contro il governo”. Ha insistito: a Letta vuole “dare una mano” perché faccia “finalmente” le cose che servono agli italiani. Il sindaco di Firenze nell’immediato ha il problema del congresso del Pd: prima deve diventare segretario e poi a può scalare Palazzo Chigi alle prossime elezioni politiche.

In molti vogliono le elezioni politiche anticipate a marzo. Il Cavaliere ha tentato anche di andare a votare a fine novembre, ma il 2 ottobre il governo Letta ha ottenuto la fiducia bis del Parlamento dopo le dimissioni dei ministri del PdL. Alla fine, lo stesso Berlusconi, spiazzato dalle “colombe” guidate da Alfano schierate contro la crisi, ha votato la fiducia al Senato. Il M5S, dall’opposizione, da tempo spinge per andare a votare anche con l’attuale legge elettorale, il “Porcellum”, un sistema subissato da critiche perché gli elettori, tra l’altro, non scelgono i propri parlamentari ma solo la lista del partito. Giorgio Napolitano e Letta, invece, non vogliono le elezioni anticipate. Il capo dello Stato e il presidente del Consiglio sostengono la necessità della “stabilità politica”. Indicano l’obiettivo di “agganciare” la ripresa economica, far ripartire l’occupazione e realizzare le riforme istituzionali. La legge di Stabilità si può migliorare, sostiene Letta, ma salvaguardando i vincoli europei al deficit e al debito pubblico. Governo e guai giudiziari di Berlusconi, ripete, sono temi distinti e non vanno “sovrapposti”. Nonostante tutte le difficoltà continua ad indicare il traguardo del 2015 per il suo “esecutivo di necessità”.

Il governo è a rischio e tutto il quadro politico italiano si sta scomponendo. Scelta Civica, il movimento centrista di Mario Monti, si è spaccato in almeno tre tronconi e lo stesso Professore si è dimesso dalla presidenza. Il PdL viaggia sul filo della scissione. Il Pd è scosso dalle fortissime tensioni congressuali e dalla probabile vittoria del giovane “rottamatore” Renzi. Sono possibili anche nuove alleanze. “Mo’ i tedeschi sono i nemici. Non ce se crede”, dice Massimo Dapporto-Tito in Ladro di Razza, una tragi-commedia messa in scena al Teatro Ghione di Roma. Dapporto interpreta la parte di Tito, un piccolo imbroglione romano uscito da Regina Coeli subito dopo l’8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio dell’Italia con gli Alleati anglo-americani.