Economia


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Imprese di nicchia e oligarchia contro la crisi

De Rita: i punti di forza dell'economia italiana derita_296

di Paola Cortese

“No, questa non è una crisi banale. Ma non ha colpito in modo drammatico le tasche degli italiani. Dopo Natale ci sarà un forte calo dei consumi, e questo potrebbe portare a una incapacità di controllo. Ma per ora la percezione è solo emotiva. I media ci hanno bombardato con l’annuncio di un terremoto devastante e questo ha causato panico, ma ora gli italiani si chiedono: ci sarà poi davvero?”. Così il presidente Giuseppe De Rita commenta i dati del 42° Rapporto Censis. Più rosei di quanto ci si potrebbe aspettare. Perché a proteggere l’Italia c’è una rete di piccole e medie imprese che esportano in tutto il mondo ma soprattutto nei paesi mediterranei e dell’Est. C’è un sistema di banche solide, che non hanno mai regalato mutui a nessuno. C’è una popolazione che sa centellinare i consumi. E soprattutto ci sono elementi sociali esplosivi, come gli immigrati, che sono per il 10% imprenditori. Le nuove idee per il cambiamento, De Rita ne è convinto, arriveranno da loro. Purché la società sia pronta a integrarli.

Insomma il Censis non vede poi così nero. E che dire delle ristrutturazioni in vista?
Dal 2001 assistiamo a una grande ristrutturazione nel mondo dell’impresa di cui non ci siamo accorti: le piccole tendono a aggregarsi, le altre vanno all’estero non solo per produrre. Sono tutti fenomeni di resistenza alla crisi. Oggi noi abbiamo imprese meno indebitate di quelle di altri Paesi: 250 miliardi la loro liquidità. Nel mese di settembre sono state 341 le acquisizioni soprattutto all’estero. Certo, la crisi arriverà anche da noi, dopo la sbornia natalizia.

Il rapporto parla della possibilità di una “nuova metamorfosi”. In che senso?
Questa crisi ci consegna una possibilità, ma bisogna muoversi per coglierla. Dobbiamo fare subito una mutazione, che non sarà indolore. Ora bisogna guardare al futuro, cioè a quegli strati della popolazione e a quelle risorse costituite dagli immigrati e dal lavoro femminile.

Quali sono i punti di forza dell’economia oggi?
Alla fine degli anni ’90 c’è stata una trasformazione. Dal semplice made in Italy siamo passati a un modello d’impresa di nicchia a segmento alto. Noi non ci rivolgiamo alla massa che ha pochi soldi da spendere. Noi non produciamo e non venderemo mai il reggiseno a un euro, il nostro reggiseno costa 60 euro. Noi al mondo offriamo la Ferrari, la poltrona Frau, il motoscafo. Cibo e vino super. Finché regge questo mercato mondiale, cioè il mezzo miliardo di ricchi che cercano la qualità, per noi andrà bene.

C’è chi dice che sarà il ceto medio a pagare.
In realtà i processi di ristrutturazione più forti, chiamiamoli il ‘trionfo del romitismo’, ci sono stati alla fine degli anni Settanta. Eppure lo sviluppo della ricchezza del ceto medio è venuto dopo. Quasi come conseguenza delle grandi ristrutturazioni. Questo ci dovrebbe invitare alla cautela. Oggi c’è sicuramente un senso di diffidenza, ma anche una grande capacità di adattamento, sia da parte delle imprese che delle famiglie. E c’è la tendenza degli italiani a mantenere la liquidità, cioè a non spendere il denaro ma a conservarselo per paura del futuro.

Il Censis parla di una società sempre più complessa.
Una società in cui lo Stato sovrano non c’è più, ma neanche il mercato. E si profila un potere oligarchico. Fatto di soggetti di sistema, che siano in grado di affrontare e risolvere i vari problemi che si presentano, dall’Alitalia allo sbarco dei clandestini a Lampedusa. Soggetti che possono essere sia pubblici che privati. La più grande espressione di questo oggi è Gianni Letta: c’è un problema e interviene lui, perché sa stare nella storia e fare sistema. L’arrivo di una cultura oligarchica è una delle espressioni della nuova metamorfosi che potrà farci uscire dalla crisi.