La Colombia è, fra tutti i Paesi latinoamericani, forse quello con la più lunga esperienza in tema di narcotraffico. Ma ora, sostiene il ministro degli Esteri Maria Angela Holguin, “finalmente stiamo voltando pagina. Il nostro Paese non è completamente libero dalla criminalità organizzata, ma ci sono stati grandi passi avanti. Negli anni ’90, abbiamo epurato 10mila uomini dalla polizia, in un’operazione anti-corruzione senza precedenti. La corruzione legata al narcotraffico rappresenta una minaccia per lo Stato. Oggi la Colombia è cambiata, le istituzioni e la polizia sono più efficienti rispetto ai nostri vicini, tanto che forse non abbiamo più bisogno di chiedere, ma possiamo cominciare a dare”. “Nell’ambito del Sica (Sistema di integrazione centroamericano) ci stiamo muovendo all’insegna del pragmatismo. Abbiamo creato un centro anti-riciclaggio molto efficiente, che può servire a tutti gli altri Paesi, e sistemi di intelligence in tempo reale, già condivisi con il Messico, che possiamo mettere a disposizione di chiunque. Il traffico di armi richiede forse il più grande sforzo congiunto; il 70% delle armi che circolano in Colombia sono di origine illegale”.
Di sicurezza democratica come di una sfida per tutta l’America centrale parla Patricia Espinosa Castellano, ministro degli Esteri messicano. “In questo momento, uno dei compiti più ardui è tradurre la democrazia in governi efficaci. Combattere la povertà, tutelare l’ambiente, rilanciare l’economia sono sfide maggiori. Ma la sfida principale è il rafforzamento dello Stato di diritto e la sicurezza dei cittadini. Il maggiore ostacolo alla democrazia è proprio la criminalità organizzata: estorsione, corruzione, violenza, tortura, omicidio sono le armi delle mafie che sfidano il potere costituito in Messico. I proventi esorbitanti dei loro traffici e l’accesso agli arsenali vanno contrastati, anche con leggi speciali. Il governo Calderon sta investendo ingenti risorse per avere un corpo di polizia affidabile. Siamo impegnati in una strategia preventiva senza precedenti, con riscatto di luoghi pubblici, assistenza ai tossicodipendenti e sostegno alla cooperazione internazionale. Ma lo sforzo nazionale può rivelarsi insufficiente. Il Messico è perciò favorevole all’armonizzazione delle legislazioni e dei codici penali nell’ambito della lotta ai traffici illeciti, nonché allo scambio di informazioni di intelligence e all’alleggerimento delle procedure di estradizione”.
Secondo Samuel Santos Lopez, ministro degli Esteri del Nicaragua, la sfida globale passa necessariamente per gli Stati Uniti. “Noi siamo le vittime di una danza macabra milionaria, che si svolge lungo il corridoio Nord-Sud sul quale ci troviamo. Il problema centrale è individuato nel Paese che, come attesta l’Onu, è il primo consumatore mondiale di droghe e che, alla stregua delle banche coinvolte nel riciclaggio del denaro sporco, ci giudica come se fossimo noi i delinquenti. Il Nicaragua è un Paese con scarse risorse, ma impegna il 3% del suo Pil contro il flagello del narcotraffico, e ha ottenuto risultati di cui andiamo fieri. La cooperazione internazionale non sta facendo il suo dovere, e l’Occidente si sta mostrando ipocrita”. Secondo Lopez, “Il superamento del proibizionismo e la legalizzazione delle droghe leggere potrebbe ridimensionare notevolmente i traffici e la criminalità organizzata”.
(R. F.)