La pagina “politica” del 51.mo Salone Nautico di Genova si inizia con una provocazione. Il presidente dell’Ucina, Anton Francesco Albertoni, accoglie il ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, in maglietta. Su questa è scritto: “ Battiamo bandiera italiana”. Diversi i significati che Albertoni attribuisce alla scritta, come “l’orgoglio dell’italianità”, “la volontà di mantenere vivo un settore dell’eccellenza manifatturiera, che produce realmente e, quindi, va difeso”. E anche: “Perché i diportisti italiani continuino a scegliere il Tricolore sulla poppa delle barche”. In sintesi, Albertoni dice: “Siamo e vogliamo rimanere italiani. Non chiediamo finanziamenti, ma solo di essere messi in condizione di fare impresa e creare nuova occupazione”.
LE PROMESSE DEL MINISTRO
Molto tenue e poco convincente la risposta di Matteoli: ”Molto di quello che ha chiesto l’Ucina è stato fatto già -dice. Basti pensare al provvedimento che aumenterà di 40 mila i posti barca”. Ma Albertoni non perde tempo e ricorda che mentre in Francia l’Iva sui posti barca è del 5,5%, come per gli alberghi, da noi dal 20 è salita al 21, perché i porti turistici non vengono considerati strutture turistiche.
ARMELIA: ”RAFFORZIAMO LE STRUTTURE”
Sull’onda del discorso del presidente dell’Ucina (Confindustria nautica), le parole della neo-presidente della Fiera di Genova, Sara Armelia, che, per combattere la crisi, propone di “rafforzare le strutture del Salone come vetrina per aiutare le imprese, facendo del Nautico un punto di riferimento fondamentale per porre le basi per un rilancio del settore”. Poi, aggiunge: ”Il Nautico è lo strumento ideale per promuovere la cantieristica italiana”. Armelia ricorda i sacrifici della Fiera, insieme a Ucina, per investire in qualità, servizi e innovazione al fine di dare il massimo sostegno agli espositori. “Tutto questo, precisa la presidente, è stato fatto nella convinzione di poter dare un contributo alla valorizzazione dei prodotti esposti, realizzati da imprese che in questi anni hanno puntato sulla qualità, sulla ricerca e sull’innovazione”. Il ministro torna a dire cosa fa il governo e dà ampie assicurazioni. Dice che è in arrivo l’autonomia finanziaria per i porti e che “è un primo passo”, fondamentale, un obiettivo mai raggiunto e che le autorità portuali chiedono da tempo per poter investire nelle infrastrutture.
ALBERTONI: “CI STIAMO RIPRENDENDO”
Al di là delle promesse politiche, Albertoni si mostra fiducioso. Dopo due anni di flessione le aziende stanno ripartendo, dice. I numeri sono chiari: si è perso quasi la metà del fatturato, esattamente il 45%: è sceso da 6,2 a 3,5 milioni di euro. Il nostro salone è quello che ha perso meno in Europa. Siamo al 10% in meno di espositori, rispetto al 2010, contro il 40 di Londra e Parigi. I cantieri hanno risparmiato nella promozione per venire a Genova, quello che è l’appuntamento importante. Ciò, significa che le aziende italiane scommettono sulla ripresa del settore. Dal 2003 al 2008 siamo cresciuti alla media del 10% annuo. In quegli anni abbiamo raddoppiato il fatturato del comparto e siamo pronti a ricominciare. Albertoni, infine, ricorda che le grandi aziende reggono bene perché sono in grado di continuare a vendere in mercati come il Brasile e la Cina. E, poi, tiene a precisare che l’estate passata è stata difficile per l’identificazione che si è data della barca con il ricco e l’evasore fiscale. Anche da noi, dice, c’è chi non paga le tasse, ma il 95% delle imbarcazioni viene venduta con contratti di leasing, assolutamente trasparenti. E se ne vendono 2.400 l’anno. Tolto il leasing, sottolinea, ne restano solo 120. Ma sui giornali si parla di 35 mila società di comodo.
(P. C.)