Giornata dei Diritti Umani


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Il Rapporto annuale di Amnesty International

Le situazioni di maggiore emergenza q

Come ogni anno l’organizzazione Amnesty International presenta il suo rapporto sui diritti umani, dove accanto alle crisi “dimenticate” elenca le situazioni di maggiore emergenza. Amnesty ricorda che la guerra in Iraq è giunta al suo sesto anno e migliaia di detenuti iracheni sono ancora in prigione senza accuse né processo. Il presidente americano Bush ha poi autorizzato la Cia a ricorrere ancora agli interrogatori segreti e ha permesso che le forze Usa in Iraq potessero non rispondere pienamente del proprio operato. Amnesty denuncia anche maltrattamenti nelle carceri del territorio statunitense, come l’uso di crudeli dispositivi di contenzione, armi a scossa elettrica o l’isolamento.

Saltano agli occhi Paesi come l’Iran, dove le condanne a morte hanno conosciuto in tutto il 2007 una preoccupante impennata. Sono almeno 350 le persone di cui Amnesty ha ricevuto notizia di esecuzione avvenuta, ma sembra che queste siano molte di più. Sono state inoltre registrate nel Paese sette esecuzioni capitali su minorenni e denunciate condanne per lapidazione.

Un triste primato vanta la Cina, con almeno 470 persone giustiziate in un anno. Pechino considera fra l’altro i dati relativi alle condanne “segreto di stato”, cosa che rende difficile valutare sia il numero delle esecuzioni – forse migliaia - sia le incriminazioni ufficiali legate alle condanne. La Cina, inoltre, continua a reprimere gli oppositori interni ed esporta armi in Sudan, nonostante le stragi in Darfur.

In Russia, le autorità soffocano il dissenso, premono sulla stampa indipendente e imbrigliano le organizzazioni non governative con nuove leggi.

Dopo un’attenta analisi di singoli Paesi, Amnesty International non può non osservare come le vecchie potenze fanno passi indietro sui diritti umani e si domanda: quale futuro ci aspettiamo per la loro difesa e affermazione? E di fronte alla mancanza di una volontà politica da parte di tanti governi, c’e’ un movimento globale di cittadini che pretendono dai propri leader il rispetto dei diritti più fondamentali. Dai monaci birmani agli avvocati pakistani, ai 43 milioni di persone che in tutto il mondo si sono alzate in piedi, il 17 ottobre 2007, per chiedere un’azione contro la povertà. Segnali, secondo Amnesty, di una cittadinanza globale che i leader mondiali stanno ignorando a proprio rischio, e le cui potenzialità sono ancora tutte da sperimentare.