La creatività si può coniugare con l'economia


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'Vivere' di fumetti

I giovani possono ancora sperare di guadagnarsi da vivere con lavori creativi? f

di M.Vittoria De Matteis
(mv.dematteis@rai.it )

Si è tenuto al Palazzo delle Esposizioni di Roma il workshop ‘Il filo di Arianna: Arte come identità culturale’, che prende il via dal documento europeo ‘L’Unione dell’Innovazione’. Si parla dei giovani come ambasciatori dell’identità culturale, e la strategia di attuazione prevede la proposta annuale di bandi di concorso che invitano i ragazzi, supportati dai docenti, a svolgere un percorso formativo. Il tutto all’interno dell’Ardesis Festival 2011, che presenta i lavori migliori elaborati dai giovani studenti, quelli che in ambito specialistico vengono definiti ‘The cases for Innovation’ che- partendo da un’idea creativa e arrivando ad esempi pratici- possono attrarre l’attenzione del mondo produttivo e trasformarsi in occupazione per loro.

Il raggio d’azione creativo in cui si muovono i giovani è variegato: nell’ambito dell’illustrazione grafica - per esempio - uno dei settori più ambiti è il fumetto. Spesso le condizioni entro cui il lavoro artistico del fare fumetto si concretizza, tra costruzione di mondi immaginari e interventi concreti su ciò che lo circonda, tra produzione volta al mercato e autoproduzione, non sono confortanti. Che ruolo giocano le passioni all’interno del lavoro del fumettista e quanto il rapporto col mercato affonda i suoi profitti nello sfruttamento degli artisti, nel desiderio che si ha di produrre arte e - attraverso quella - aprirsi al mondo? Come invece - e a quale prezzo - questo rapporto riesce a liberarsi nelle autoproduzioni? Gli artisti della china sperano in una retribuzione equa e dignitosa per questo lavoro culturale, continuo e quotidiano.

Per tutti coloro che guardano con interesse ad una carriera artistica nell’illustrazione oggi, ecco il parere di Milo Manara, illustratore:
“Il mio è un mestiere di gioia e felicità - anche se spesso di fatica più che di ispirazione - lavorando anche la notte, ma che fa entrare in contatto con tante persone. Necessita assolutamente di esercizio quotidiano: se sto 2 o 3 giorni senza disegnare, me ne accorgo. E’ una fatica supplementare doverlo fare per hobby, un handicap: occorre che il disegno diventi una calligrafia. La scuola di fumetto non deve creare illusioni. Ci vuole molta determinazione, e capisco anche l’editore che ha difficoltà ad investire nel giovane esordiente: una porta sempre aperta era - per esempio - Bonelli. Se fossi un 20enne andrei con una cartella di ottima qualità grafica. Si deve partire da un’ispirazione, una tesi fino ad arrivare al fumetto. Ma non basta avere una buona idea: bisogna anche saperla esporre con coerenza, restando dentro i limiti eventualmente imposti dalla redazione, rispettando la personalità dei personaggi e anche senza creare scene troppo difficili (o impossibili) da disegnare, mantenendo un buon ritmo (introduzione, suspence, colpi di scena, finale, ecc.). E dopo aver scritto una storia, bisogna saperne inventare due, tre, quattro... cento. E' un lavoro, insomma, spesso piacevole e divertente, ma comunque un lavoro! Dove fare pratica? Sono un sessantottino che dice che si deve copiare. Come guadagni, c’è il 10% sul prezzo di copertina del libro, oppure si è a stipendio fisso, se si realizza un fumetto al mese. mv.dematteis@rai.it