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Zimbawe, la crisi peggiore

Storia di un Paese martoriato y

Lo Zimbabwe sta attraversando la peggiore crisi umanitaria e politico-economica della sua storia recente, iniziata con la dichiarazione d’indipendenza del 1965. All’epoca il paese si chiamava Rhodesia ed era retto da un regime razzista come quello del confinante Sudafrica. Le radici della crisi sono da attribuire a svariate cause: in primo luogo la drammatica situazione economica, in un paese che per anni è stato un modello di dinamismo per l’intero continente.

Le riforme economiche, e soprattutto quella agraria, volute dal presidente Mugabe, al potere dal 1980, si sono rivelate tanto utopiche quanto improvvide. Lo sviluppo si è bloccato, le infrastrutture sono diventate fatiscenti e le tensioni sociali sono esplose. L’inflazione ha raggiunto vette stratosferiche; con punte del 231 milioni % è impossibile acquistare qualsiasi bene di prima necessità. Il governo ha stampato un biglietto da 200 milioni di dollari locali, pari a 14 dollari Usa.

A pagare il prezzo più alto le fasce più deboli, soprattutto i bambini delle famiglie povere: la scuola ha subìto un elevato tasso di abbandono. Il governo non ha più finanziato le vaccinazioni, un bambino su quattro è malnutrito, la mortalità infantile è cresciuta di oltre il 50% rispetto a venti anni fa, la malaria è fuori controllo.

Inoltre l’epidemia di Hiv (il tasso di diffusione nella popolazione adulta è il quarto del mondo) ha pregiudicato lo stato di salute della popolazione, mentre una serie di eventi naturali (inondazioni e siccità) hanno messo in ginocchio l’agricoltura. A tutto questo si aggiunge il regime autocratico dell’84enne Robert Mugabe che, oltre ad allontanare gli investitori stranieri, si è reso responsabile di gravi violazioni dei diritti umani.

M. I.