I film del week end


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Hugo Cabret

di Sandro Calice

HUGO CABRET

di Martin Scorsese, Usa 2011, fantastico (01 Distribution)
Asa Butterfield, Ben Kingsley, Chloe Moretz, Sacha Baron Cohen, Ray Winstone, Emily Mortimer, Johnny Depp, Christopher Lee, Michael Stuhlbarg, Helen McCrory, Jude Law, Richard Griffiths, Frances de la Tour, Angus Barnett, Eric Moreau
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Un compendio, un sussidiario, un manuale sulla storia dell’alba del cinema, illustrato con la tenerezza di una favola e l’amore per la sua magia.

Parigi 1931. La vita del piccolo Hugo è tutta un mistero. Vive da solo in mezzo agli enormi ingranaggi degli orologi della stazione ferroviaria, che lui accudisce con amorevole precisione. Per amico ha solo un automa che cerca disperatamente di mettere in funzione perché è convinto nasconda un messaggio segreto da parte di suo padre. Raccoglie viti, rotelline, bulloni, muovendosi come un’ombra in mezzo alla colorata umanità che popola la stazione e cercando di sfuggire alle grinfie dell’arcigno controllore e del suo dobermann. Evita tutti, ma Papa Georges, il vecchietto del negozio di giocattoli ha qualcosa di speciale, una strana tristezza alleviata solo dalla sua figlioccia Isabelle. Hugo non sa che gli ingranaggi del destino si sono già messi in moto per cambiare la vita di tutti loro.

Tratto dal romanzo illustrato “The invention of Hugo Cabret” di Brian Selznick, selezionato dal New York Times come miglior libro illustrato del 2007, “Hugo Cabret” è il primo film di Martin Scorsese in 3D, tecnologia “antica”, dice il regista, secondo il quale il miglior film in 3D mai fatto è “House of Wax” di André de Toth del 1953, anche se l’utilizzo che più l’ha impressionato è stato quello fatto da Alfred Hitchcock ne “Il delitto perfetto” (1954). Ed è anche il primo film di Scorsese (solo apparentemente) per famiglie o per ragazzi. In realtà è un omaggio alla nascita del cinema, attraverso quello che è considerato il padre della cinematografia narrativa, Georges Méliès, l’illusionista, inventore e regista che girò circa 500 film agli inizi del secolo scorso e al quale tutto il cinema fantasy, di fantascienza e degli effetti speciali in generale deve la sua esistenza. Ed è un film stilisticamente perfetto, che ha preso 11 nominations per gli Oscar 2012, tra le quali quella per a Dante Ferretti e Francesca Loschiavo autori di una scenografia che toglie il fiato. Un film nel quale la cura dei dettagli, dalla recitazione alla ricostruzione storica, è quasi maniacale. Un film, ancora, che parla di passione, di sogno, di talento e di come seguendoli si trova la propria strada nella vita. E però. Però proprio quando il bambino dice la frase più bella di tutto il film (“Nelle macchine non ci sono pezzi superflui. Pensando al mondo come un grande meccanismo ho capito che se io sono qui, un motivo, un posto per me ci sarà”) scatta qualcosa. Il sospetto che Scorsese, preoccupato di raccontare bene e con suggestioni percepibili da tutti l’epopea del cinema, di spiegarcela quasi, da maestro qual è, perda per strada un po’ di cuore, mantenendo il racconto un passo dietro alla commozione. Forse è voluto, forse no, ma tant’è.

s.calice@rai.it

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