di Roberta Balzotti
Irene Fornaciari nella musica è nata e cresciuta; e in gara al Festival c’è stata due anni di seguito: la prima nel 2009 tra le nuove proposte e l’anno successivo tra i big, insieme con i Nomadi. “Ma stavolta mi presento più serena – rivela - perché sono orgogliosa e convinta del lavoro fatto durante questo tempo, della canzone e del nuovo album che rappresenta tutte le mie anime: rock, soul, intimista, ironica. Prima c’erano molte incertezze non avevo ancora capito quale fosse la mia strada. Oggi mi sento più sicura di me”.
Questa sicurezza da cosa è maturata?
Da tanta gavetta, da tanti live. Nel tempo ho capito che alla gente arriva quello che faccio. E questa per me è una grande conquista.
Un padre come Zucchero quanto ha pesato e quanto pesa?
All’inizio della mia carriera, un bel po’; mi sentivo di dover dimostrare chissà cosa. Ho vissuto in modo ansioso il fatto che lui si fosse sbilanciato nel dire che credeva in me. Sentivo una grande responsabilità.
La canzone del Festival è firmata da Van De Sfroos, del quale l’anno scorso sei stata ospite all’Ariston nella serata dei duetti e che quest’anno ricambia la visita…
E proprio da quel Sanremo 2011 è nata la nostra collaborazione. Ci siamo piaciuti subito, sono stata ospite nei suoi concerti. Un sera, a cena, chiacchierando di vita, della troppa sensibilità che a volte può causare fragilità, ha cominciato a prendere forma ‘Grande mistero’, la canzone che dà anche il titolo all’album.
Album nel quale tra le varie firme c’è quella di Enrico Ruggeri
Questo disco ha una genesi di due anni, il tempo che c’è voluto per fare la ricerca dei pezzi. Ho cominciato a scrivere da sola, a presentare le mie idee a vari autori; da questi spunti sono nate le canzoni. Ruggeri l’ho incontrato in una casa discografica. Mi sono avvicinata e gli ho chiesto timidamente: “Sarebbe un onore avere un tuo pezzo nel mio disco”. E lui: “Ci proviamo”. Dopo una settimana mi ha mandato il testo di “Volo di un angelo”.
Hai una certa somiglianza con Janis Joplin: te lo dicono spesso?
Sì, molti mi fanno osservare che le somiglio. Non nella voce, ma negli atteggiamenti. Sarà anche per questi capelli lunghi e scompigliati… Pensa, ho scoperto Janis Joplin con il film “Senti chi parla”. Lo vidi che avevo dodici, tredici anni. Quando il bambino urla, parte “Cry baby”. Mi chiesi chi fosse quella pazza con quella voce meravigliosa”.