La crisi siriana


Stampa

Assad presenta la nuova costituzione

Indetto un referendum per il 26 febbraio bandiera_siriana_296

di Maurizio Iorio

Bashar al-Assad, padre-padrone della Siria, prova a giocare la carta del referendum sulla nuova costituzione, per salvare se stesso ed il suo regime dalla spirale delle rivolte popolari che rischia di travolgerlo, anche per via della sanguinosa repressione che lo ha reso ancor più impopolare in patria, e assai poco gradito a livello internazionale. A parte Russia e Cina, che hanno messo il veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla risoluzione contro di lui, la comunità internazionale, dall’Occidente agli stati arabi, compresa la Turchia, sta facendo il possibile, a livello diplomatico, per costringere il presidente siriano a lasciare il potere. Ma , forte del sostegno di due superpotenze come Russia e Cina, per non parlare dell’alleato iraniano, sarà difficile che Assad si dimetta senza che la Siria sia sommersa da un bagno di sangue. Per ora, dopo la politica del bastone, Assad tenta la carta della carota, ed ha convocato per il 26 febbraio prossimo un referendum popolare, per chiamare i cittadini ad esprimersi sulla prossima riforma costituzionale, che “condurrà il paese verso una nuova era”.

La libertà “diritto sacro”
L’agenzia di stato, Sana, ha anticipato i contenuti salienti del documento, diviso in sei parti, per complessivi 157 articoli. Principio fondamentale è la libertà individuale, che viene riconosciuta come un “diritto sacro”, che lo stato sarà tenuto a garantire insieme alla dignità ed alla sicurezza degli individui. Inoltre, entrerà in vigore un “sistema fondato sul pluralismo politico”, nell’ambito del quale “il potere sarà esercitato democraticamente attraverso il voto”. Di fatto, viene abolito l’ attuale art.8 , che definisce il partito Baath, facente capo ad Assad e al potere dal 1963, “guida dello stato e della società”. Dovrebbe nascere così un sistema multipartitico, anche se sarà proibito dar vita a formazioni religiose. La religione ufficiale sarà l’Islam, e la fonte giuridica principale sarà la sharia, anche se “saranno rispettate tutte le confessioni e garantita la libertà di culto”. Il presidente deve essere di religione islamica, e il suo mandato durerà 7 anni, rinnovabile una sola volta. Il che potrebbe garantire ad Assad altri 16 anni di governo, dato che il suo mandato scade nel 2014 e non è soggetto alla nuova normativa.

No a velleità indipendentiste
Quanto all’integrità territoriale, le minoranze curde, turche e armene del nord con velleità indipendentiste possono mettersi l’anima in pace: in base al futuro art. 1 la Siria è “uno stato democratico dotato di sovranità totale” e “non è accettabile alcuna divisione , né può rinunciare ad alcuno dei suoi territori”. A distanza di 90 giorni dal referendum si terranno le elezioni politiche. Fin qui le buone notizie. Il regime spera in questo modo di placare le proteste popolari, cominciate nel marzo scorso, e che, secondo gli organismi internazionali, sono costate la vita ad oltre 5000 persone.

Gli analisti: “non si indice un referendum in mezzo ad una guerra civile”
Difficile prevedere cosa accadrà se il popolo dovesse bocciare la nuova costituzione. Paul Salem, direttore dell’Istituto ricerche e studi politici “Carnegie Middle East Center”, con sede a Beirut, ha osservato che “ le riforme politiche sono un processo che richiede alcuni elementi basici, tra cui la cooptazione dell’opposizione, che nel caso specifico non è ancora avvenuta. Il processo deve basarsi sul negoziato, l’accordo e il consenso. E tenere un referendum esige stabilità e richiede tempo. E’ bene che il regime parli di riforme, ma è intollerabile indire un referendum nel bel mezzo di una guerra civile tra un governo e il suo stesso popolo”. L’opposizione ha già preannunciato che boicotterà il referendum. “La priorità – dice il portavoce del coordinamento delle forze del cambiamento democratico Abdal Azim – è porre fine alle violenze, alle uccisioni e ottenere il rilascio dei detenuti politici”. Dovessero vincere i no, la prospettiva di una guerra civile a tutto campo diventa sempre più concreta.

La diplomazia internazionale prova ad ammorbidire i russi
Sul piano della diplomazia, mentre il ministro degli Esteri russo Lavrov, che incontrerà il suo omologo francese Juppè per sollecitare l’apertura di un corridoio umanitario, plaude al “passo avanti” della nuova costituzione, quello egiziano, Mohammed Amr, chiede l’immediata fine delle violenze e uno sforzo della comunità internazionale per l’attuazione del piano di pace arabo. Proprio per questo il nostro ministro degli Esteri, Terzi, si recherà a Tunisi il 24 febbraio per incontrare gli “amici del popolo siriano”. “L’incontro servirà a coordinare le iniziative internazionali per porre fine a questo massacro”, spiega il titolare della Farnesina. Quanto ai russi, “stiamo sollecitando Mosca verso posizioni costruttive - aggiunge Terzi - Abbiamo il dovere politico e morale di difendere i diritti civili dei siriani”. Che, intanto, continuano a morire sotto le bombe del regime.