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La Via della Seta in novanta scatti

Fino all’11 marzo ai mercati di Traiano a Roma seta_cammelli_296

di Maurizio Iorio

La Via della Seta è un po’ come la via Lattea. Entrambe invisibili, eteree, impalpabili, dal tragitto incerto, anche se tutti sanno che esistono, ma in pochi le hanno percorse. Qualche carovaniere pazzo la prima, qualche astronauta la seconda. All’associazione dei carovanieri dei tempi moderni, tempi di aerei, auto e navi, va iscritto il fotografo turco Arif Asci, che un bel giorno ha pensato bene di gettarsi in una di quelle avventure che, per essere affrontate, necessitano di un sano pizzico di follia: ripercorrere a piedi l’antica Via della Seta, da Xian, in Cina, fino ad Istanbul.

Il progetto è nato all’ombra della torre di Galata
“In una calda serata estiva del 1995, mentre chiacchieravo con i miei assistenti proprio di fronte alla torre di Galata, costruita dai genovesi 1000 anni fa, ci è venuta la pazza idea di attraversare la Via della Seta con una carovana di cammelli”, racconta Asci, durante la presentazione della mostra fotografica “L’ultima carovana”, in esposizione ai mercati Traianei di Roma fino all’11 marzo. Novanta scatti, tutti su pellicola, che testimoniano i 18 mesi di viaggio di Arif Asci e dei suoi assistenti in groppa a dieci cammelli. “All’inizio abbiamo pensato di partire con dei fuoristrada, oppure con le moto - racconta - ma poi abbiamo capito che la cosa giusta era metterci in viaggio con una vera carovana di cammelli, prendendo gli stessi rischi dei carovanieri del passato”. Asci e i suoi collaboratori si sono messi di buzzo buono a studiare mappe, percorsi, previsioni meteo, il Milione di Marco Polo, le stagioni migliori per attraversare posti inospitali come il deserto del Gobi, in Mongolia, o l’irrequieto Xinjiang, o le montagne del Tien Shan, dove il freddo ti brucia la pelle come il napalm. I quattro impavidi carovanieri hanno percorso circa trenta chilometri al giorno, dormendo spesso in tenda o all’addiaccio, per 18 lunghi mesi, comprensivi di due duri inverni. Un viaggio a ritroso nel tempo, quando l’antica Via della Seta, un percorso dai molti tracciati, con diramazioni che si infittiscono come la trama di un giallo man mano che si viaggia verso Ovest, era battuta da decine di carovane, che trasferivano dall’Oriente all’Occidente sete, ceramiche, spezie, ma anche culture e religioni. Sono almeno tre o quattro i percorsi settentrionali, che hanno spesso subìto modificazioni a seconda dei cambiamenti climatici o politici, oppure a causa dei problemi legati alla sicurezza. Le carovane di una volta, le prime notizie risalgono addirittura al 400 prima di cristo, si componevano di centinaia di cammelli, yak, cavalli e muli, che trasportavano tonnellate di merci.

Compagni di viaggio, i cammelli a pelo lungo della Batriana
Arif Asci e i suoi compagni hanno scelto, per affrontare questo lungo tragitto, dei cammelli della Batriana a pelo lungo, utilizzati in passato nella parte orientale della via della Seta, dal deserto del Taklimakan al Pamir, perché molto più resistenti al freddo. Il viaggio è stato lungo e difficoltoso, e la cosa più bella “è stato incontrare le persone, godere della loro calda ospitalità, incrociare razze, culture e religioni. Spesso la gente ci chiedeva che merci trasportassimo”, racconta Asci. Paradossalmente, le difficoltà maggiori sono state quelle burocratiche, e non quelle fisiche. “Per ottenere il visto dalle autorità cinesi è dovuto intervenite il premier turco di allora, Demirel, che si è rivolto direttamente al suo omologo cinese, Jiang Zemin”, ricorda Asci.

La mostra, 90 foto su pellicola
L’esposizione è promossa dall’assessorato alle Politiche Culturali del comune di Roma e dall’ambasciata turca. Le foto, bellissime (difficile sbagliarle, vista la naturale fotogenia dei paesaggi e delle persone), hanno immortalato lo svolazzare delle sete dell’antico mercato di Kashgar, i volti dei venditori e degli avventori, la curiosità negli occhi dei bambini, la meraviglia dei colori specchiati nell’acqua della fortezza di Jiayuguan, in Cina, i villaggi incastonati nelle fenditure della roccia nel Gansu, i templi buddisti sommersi dalla neve a Dunhuang, sempre nel Gansu, le ragazze uigure abbigliate a festa con abitini stile America anni ’50. Insomma, 12.000 chilometri fra Cina, Uzbekistan, Kirghizistan, Turkmenistan, Iran, Turchia, uno spettacolare viaggio a ritroso nel tempo “per sentire concretamente il peso della storia dentro di noi”.

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