I film del week end


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Hysteria

HYSTERIA

di Tanya Wexler. Germania, Francia, Gran Bretagna 2011. Commedia (Bim)
Hugh Dancy, Maggie Gyllenhaal, Rupert Everett, Jonathan Pryce, Felicity Jones.

Delizioso. Anche perché tutti siamo convinti di aver incontrato donne isteriche almeno una volta nella vita. Ecco, questo film, tra le altre cose, ci dice che in realtà non sono mai esistite.

Il dottor Mortimer Granville è un giovane medico nella Londra vittoriana del 1880. Colto e brillante, viene licenziato dall’ospedale in cui lavora per la sua fiducia nelle nuove, “rivoluzionarie”, teorie mediche sui germi. Troppo orgoglioso per accettare ancora l’aiuto economico del suo amico Edmund St. John-Smythe, ricco ereditiero e inventore appassionato dalla scienza dell’elettricità, si mette in cerca di un nuovo impiego. Lo troverà inaspettatamente nello studio del dottor Dalrymple, “il maggior specialista londinese di medicina femminile”. Dalrymple è un esperto di “isteria”, una vera piaga secondo lui, con sintomi come “melanconia, ansia, pianto, ninfomania”, ed ha lo studio sempre pieno. Il suo miracoloso massaggio manuale, infatti, pare sia una cura infallibile. Mortimer viene preso come assistente, entra in casa di Dalrymple e conosce le sue due figlie, la compita, perfetta e bellissima Emily e la ribelle, idealista e appassionata Charlotte. Si innamorerà della prima, forse. Ma ben più importante, dopo alcune vicissitudini, scoprirà che un marchingegno per spolverare inventato dal suo amico Edmund potrebbe essere usato per “curare”, come mai prima di allora, l’isteria delle donne.

Pare che l’idea che uno “spostamento dell’utero” (hysteria in greco) potesse causare sintomi come amnesia e sonnambulismo risalga ad alcuni scritti ippocratici della Grecia antica. Da allora e per 4.000 anni, passando per “cure” come le sanguisughe, le cavalcate ma anche la “manipolazione digitale”, per Freud che lo identifica come disturbo psichico, fino al 1952 quando l’Istituto psichiatrico americano lo esclude dall’elenco dei disturbi mentali, questa finta malattia ha continuato a perseguitare le donne cercando sempre di tenere il discorso rigorosamente lontano dall’unico ambito veramente dirimente: quello sessuale. Questo film, che è basato su una storia vera, racconta con intelligenza e ironia l’invenzione del vibratore, lo strumento che sarebbe poi stato utilizzato dalle donne come simbolo di liberazione sessuale. Un tabù ancora oggi, se ci pensiamo bene, ma che diventa esplosivo in un contesto come quello dell’Inghilterra vittoriana, un’epoca “contraddittoria”, di rigida formalità e grandi cambiamenti, scientifici e culturali. Tanya Wexler (“Finding North”) sfrutta nel migliore dei modi questo contrasto, con effetti comici irresistibili, senza banalità o facili volgarità. Una delle migliori commedie degli ultimi tempi.

s.calice@rai.it

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