I nuovi poveri


Stampa

'Non si sogna quando si vive così'

La storia di Giuseppe, uno dei tanti 'invisibili' mensa_sanegidio_296

Giuseppe Innusa, palermitano del ’47, lo incontro alla stazione Tiburtina, dove i volontari di Sant Egidio vanno ogni martedì a distribuire panini per i senza fissa dimora.

Li chiamano gli invisibili, mi spiega Gulielmo, volontario da anni, non hanno casa né redditi, per cui non vengono censiti. Si parla di 17 mila persone, ma si tratta sicuramente di un dato sottostimato. Solo a Roma sono 7.000 i senza fissa dimora, secondo la Comunità di Sant'Egidio: 4.500 dormono per la strada ogni notte o in ripari di fortuna, 2.500 sono ospiti nei centri di accoglienza del Comune e delle associazioni di volontariato. Gli italiani sono sempre di più, oltre il 60% per la Caritas.

Sono persone che non vedi di giorno, ma di notte diventano loro i padroni della città, sempre a caccia di un posto in cui dormire."Sono 11 anni che vivo per la strada - mi racconta Giuseppe -. Vorrei lavorare ma a 62 anni nessuno mi piglia. E poi, che referenze ho? Oggi fanno lavorare gli stranieri in nero e li pagano due lire. Per gente come me non c’è posto. Vivo di elemosina. Non ho amici. Quando sei in mezzo alla strada gli amici scappano. Vivo alla giornata, rimediando buoni per mangiare o per farmi la doccia. Il giorno passa così ma la notte è un incubo. Non riesco a dormire, penso tutto il tempo. Mi manca mio figlio che ho dovuto lasciare a Palermo ospite da uno zio. Anche lui è disoccupato. Voleva raggiungermi a Roma ma io gli ho spiegato come vivo e l’ho sconsigliato”.

La storia di Giuseppe è l’ennesima storia di disperazione. Venditore ambulante a Palermo, riusciva a sbarcare il lunario vendendo dischi e cassette. “Quando sono arrivati i CD sono iniziati i guai- racconta - la finanza, i carabinieri. Mi hanno fatto causa per vendita abusiva. Ma io ero disoccupato, dovevo pur sopravvivere. Nel frattempo era anche morta mia moglie di diabete lasciandomi solo con un figlio. Il giudice mi ha assolto con la promessa di non fare mai più questo lavoro. Ho smesso e sono tornato a vivere da mia madre. Non potevo più permettermi di pagare una casa. Morti i miei genitori ho litigato con la mia famiglia e me ne sono dovuto andare. Sono venuto a Roma in cerca di lavoro e di futuro. Quando c’erano mamma e papà era diverso. I miei fratelli sono tutti in difficoltà e non mi possono aiutare. Per fortuna mio figlio sono riuscito a sistemarlo da uno zio. Lui fa il pasticciere. Ha 27 anni e ogni tanto riesce a fare qualche lavoretto, ma niente di fisso. Vorrei tanto potergli offrire una casa e tenerlo con me”.

Cos’è per lei il Natale? - gli chiedo. “ Per me non esiste il Natale, è solo un pasto garantito”. Ha un sogno? “Cosa vuol dire? Un sogno? Non si sogna quando si vive così”.

C. T.