Divisionismo, una mostra a Rovigo


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Schegge di colore per raccontare la realtà

un’ampia esposizione, che allarga i termini temporali e anche tematici del movimento pittorico di fine '800

di Federica Marino

Cugino del Puntinismo d’Oltralpe, il Divisionismo italiano ne condivide l’approccio “scientifico”: siamo sul finire dell’Ottocento, secolo del positivismo, e anche i pittori, che già con l’Impressionismo avevano elaborato una nuova teoria del colore basata sulla percezione del reale, cercano una sorta di validazione scientifica alla propria arte.

I colori complementari vengono allora separati e poi accostati sulla tela, come fa la retina che frammenta le componenti cromatiche per poi riunirle nella visione finale. Puntini e barrette nelle tele di Signac e Seurat diventano però in Italia filamenti meno distinti e che talvolta si sovrappongono: una tecnica simile ma non identica, impiegata per rappresentare tematiche nuove, come il secolo che sta per arrivare.

Data di nascita ufficiale del Divisionismo è la Triennale di Milano del 1891, in cui Segantini espone le sue Due madri, mentre la Secessione romana, del 1913, sembra chiuderne la parabola. L’anno dopo, la Grande Guerra travolgerà l’Europa e poi l’Italia e anche l’arte non sarà più la stessa.

Sul Divisionismo è aperta a Rovigo un’ampia esposizione, che allarga i termini temporali e anche tematici del Divisionismo: ai grandi conclamati sono accostati i precursori e gli sperimentatori; in omaggio al frastagliamento territoriale; attenzione viene posta alle diverse “anime geografiche” del movimento lungo la Penisola e anche il termine finale si allunga al dopoguerra e fino agli anni Venti del Novecento.

Sei le sezioni della mostra a Palazzo Roverella: aprono le opere di Vittore Grubicy: mediatore e critico d’arte e artista egli stesso, è tra i teorici del Divisionismo e tra i suoi promotori. I dipinti in mostra hanno segni scarni, come quelli delle sue incisioni, e dietro i paesaggi sereni ci sono osservazioni sociali. Lo stesso lago, la stessa alba, cambiano, se a popolarli sono i “signori” in gita o i pescatori al lavoro.

Il paesaggio muta con le linee geografiche e sulla tela appaiono scene costiere o rurali, che non cedono alla tentazione naturalistica tout court: la presenza umana e il segno del lavoro ricordano costantemente la fatica della vita quotidiana, in città come in campagna, in una pittura che è anche rappresentazione e coscienza sociale. Non è un caso che tra i divisionisti ci sia Pellizza da Volpedo, autore del celeberrimo Quarto stato: qui vediamo un suo prato fiorito, ma in primo piano ci sono due bambini, figli di contadini, ritratti in un momento di riposo e serenità.

Mito e realtà convivono, nelle opere del Divisionismo: se da un lato viene fotografata la vita nei suoi momenti quotidiani o di crisi, c’è sempre spazio per raccontare antichi simboli in forma moderna. La vendemmia in Versilia sembra allora un corteo di baccanti, e a incontrare il toro sacro in quella che sembra Maremma, c’è una figuretta bianca di donna, quasi klimtiana.

Brusca accelerazione nella quinta sezione, dedicata al “progresso della luce”: scene semplici e quiete si fanno vibranti e dinamiche, le figure perdono di definizione o al contrario i dettagli emergono in primo piano, come in un cambio di marcia che rimette in discussione la velocità consueta. Il Futurismo è dietro l’angolo.

Secessione romana del ’13 e Biennale veneziana l’anno dopo per la sezione conclusiva: il Divisionismo nei suoi sviluppi tecnici e tematici, le avanguardie. Il nuovo secolo è pronto a partire, subito dopo la pausa della guerra.

Il Divisionismo. La luce del moderno
Rovigo, Palazzo Roverella Fino al 24 giugno 2012