di Rodolfo Fellini
(r.fellini@rai.it)
Da alcuni anni, sono più gli abitanti del pianeta che vivono nelle città di quelli che popolano le aree rurali. La tendenza all’inurbamento, delineatasi all’inizio della Rivoluzione industriale, è cresciuta a ritmi esponenziali, tanto che da qui al 2050 la popolazione urbana conterà circa 5 degli 8 miliardi che popoleranno la Terra. Città che si espandono come piovre e nel giro di pochi anni raddoppiano la loro popolazione: Manila, Lima o Kinshasa sono alcuni esempi di megalopoli in cui la crescita demografica non è avvenuta secondo i dettami dei piani regolatori, ma è stata una semplice esplosione delle baraccopoli. Le abitazioni abusive ospitano ormai un terzo della popolazione urbana mondiale, il 60% in Africa. Quest’anno, l’Unicef ha voluto focalizzare la propria attenzione sulla condizione dei bambini nelle aree urbane. Il rapporto “Figli delle città”, presentato in contemporanea in tutto il mondo, è stato illustrato a Roma dal presidente della sezione italiana, Giacomo Guerrera, nella sede del Senato della Repubblica.
“Le statistiche – ha sottolineato – si basano su dati medi, che non contemplano distinzioni quando si tratta di decidere come stanziare le risorse. Ne consegue che i bambini già svantaggiati rimangono esclusi dai servizi essenziali. Inoltre, un terzo delle nascite nelle aree urbane disagiate non viene registrato, e ciò esclude questi bambini dal riconoscimento di qualsiasi diritto. E’ necessario dunque un approccio focalizzato sull’equità, per indirizzare le soluzioni proprio verso i bambini più difficili da raggiungere”.
L’agenzia Onu ha individuato alcuni punti di criticità, che i governi degli Stati e delle città dovrebbero mettere in cima alle loro agende:
Nelle aree urbane più povere e degradate, l’alta densità della popolazione si somma all’inadeguatezza dei servizi igienici e alla difficoltà a reperire fonti di acqua potabile. L’acqua può costare fino a 50 volte di più che nei quartieri ricchi, regolarmente riforniti dagli acquedotti pubblici;
Nelle stesse zone, i servizi e le cure mediche per le donne in gravidanza sono inaccessibili: ne consegue un quadro di precarietà sanitaria per il bambino fin dalla nascita;
L’istruzione pubblica presenta lacune allarmanti: nelle baraccopoli di Delhi, ad esempio, poco più di metà dei bambini frequenta le scuole, rispetto al 90% dei loro coetanei nel resto della città;
La crisi economica e finanziaria in atto ha provocato un aumento vertiginoso dei prezzi dei beni alimentari, che costituiscono fino all’80% della spesa delle famiglie negli slums;
La povertà e la carenza di servizi aumentano le possibilità che i bambini finiscano nel giro della delinquenza;
I disastri naturali si abbattono con particolare gravità nelle aree urbane cresciute senza regole;
Infine, gli incidenti stradali, favoriti dall’assenza di piani urbanistici, costituiscono (dopo le malattie respiratorie) la seconda causa di morte per i bambini dai 5 ai 14 anni, e la prima per i giovani della fascia di età 15-24.
Come porre rimedio a una simile situazione? L’Unicef ha individuato 9 punti di cui le autorità dovrebbero tenere conto nell’elaborare le proprie politiche, per creare vere e proprie “Città amiche dei bambini”.
Partecipazione dei bambini a ogni fase della pianificazione e dell’attuazione; Legislazione a misura di bambino;
Strategie per realizzare i diritti dell’infanzia in città;
Creazione di un neccanismo di coordinamento o di un’agenzia per l’infanzia;
Valutazione dell’impatto di politiche e programmi sull’infanzia;
Creazione di un bilancio e stanziamento di risorse per l’infanzia;
Rapporto regolare sulle condizioni dei bambini nelle città;
Sensibilizzazione e rafforzamento delle capacità in relazione ai diritti dell’infanzia; Creazione di un’istituzione indipendente per l’infanzia.
L’esperimento è in vigore in Italia già dal 1996, dove più di 300 Comuni hanno istituito i Consigli comunali dei Ragazzi, che hanno voce in capitolo nella riqualificazione delle aree di gioco, dei parchi e degli altri luoghi di aggregazione. Numerosi sindaci e giunte hanno orientato poi la loro azione verso politiche di inclusione e di lotta a qualsiasi forma di discriminazione, violenza e abusi. E’ un primo, significativo passo, che l’Unicef auspica possa essere imitato da tutti i Paesi del mondo.