In base alla Costituzione del 1993, il presidente della Repubblica nomina il primo ministro, ma mantiene ampi poteri e detta gli orientamenti dell’esecutivo, sia in politica interna che estera. E’ inoltre comandante in capo delle Forze armate, controlla i servizi di sicurezza e la potente authority per l’informazione; può in ogni momento sciogliere il Parlamento e indire nuove elezioni politiche. Una riforma costituzionale varata da Medvedev ha esteso il mandato presidenziale da 4 a 6 anni. Il nuovo capo del Cremlino resterà dunque in carica fino al 2018.
La necessità di raccogliere due milioni di firme si è tradotta in una scure per le candidature: delle 16 iniziali, ne sono rimaste in lizza soltanto 5. Tra le bocciature eccelse, quella dell’economista e leader del partito filo-occidentale Yabloko (La Mela) Yavlinskij, quelle degli scrittori Limonov, Levashov e Mironov, e delle uniche due aspiranti donne, Svetlana Peunova e Lidija Bednaya. Fin dall’inizio, tutti i sondaggi hanno premiato Putin con un margine di vantaggio sul secondo di una quarantina di punti percentuali.
Il candidato che potrebbe approdare a un ipotetico ballottaggio contro Putin è Gennadij Zyuganov (nella foto in alto a sinistra), leader del partito comunista, nostalgico di Stalin e perciò ritenuto inoffensivo dal potere. E’ già stato candidato nel 1996 e nel 2008, quando con il 18% si piazzò secondo contro Medvedev. Velleitaria anche la candidatura del populista Vladimir Zhirinovskij, che per la quinta volta aspira al Cremlino promettendo, tra l’altro, la riconquista dell’Alaska per trasferirvi gli ucraini che vivono in Russia. Nessuna possibilità, infine, per il magnate delle miniere, Mikhail Prokhorov e per l’ex alleato di Putin, Serghei Mironov.