di Mariaceleste de Martino
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Se gli hippie del ’68 avessero ascoltato i discorsi di George W. Romney, contrario alla guerra in Vietnam e fortemente a favore dei diritti civili a differenza del figlio Mitt, non avrebbero fatto vincere “Tricky Dick” Richard Nixon nella sfida contro il democratico Lyndon B. Johnson.
E ora, tocca al figlio ‘Mitt’ (guantone da baseball) che non acchiappa tutte le palle sperate, gli inning non sono finiti e la partita è aperta. Willard Mitt Romney vince ma non sfonda. Conquista agevolmente sei Stati su dieci nel voto del ‘Super Tuesday’ avanzando verso la nomination presidenziale in vista delle elezioni del 6 novembre prossimo. Ma il colpo del ‘knock out’, come aveva sperato il miliardario mormone, non c’è stato. Nello Stato chiave, l’Ohio, Romney strappa una vittoria di stretta misura sull’ultraconservatore cattolico 54enne Rick Santorum, che complessivamente tiene affermandosi a sua volta in tre Stati: Tennessee, Oklahoma e North Dakota.
Conquista la Virginia, il Vermont, l’Idaho e il suo Massachusetts, dove è stato governatore, e anche l’Alaska. Il 65enne Romney dovrà essere in grado però di convincere tutti gi americani, non solo i suoi supporter per battere Barack Obama. Nato nella nera Detroit, dove il padre nel 1963 riuscì ad affascinare il 30% dei voti afroamericani alle elezioni da governatore, si è confermato, per ora, il candidato favorito dei repubblicani scavalcando l’ex senatore della Pennsylvania.
Nel voto del ‘Super Tuesday’, in cui si è votato in dieci Stati, Romney conquistandone sei, si è aggiudicato un buon numero di delegati. Ma nel ‘Risiko’ politico ha ottenuto una vittoria risicata nello Stato dell’Ohio, voto determinante con i suoi 66 delegati su un totale di 400 (alla fine ne serviranno 1144): Romney acchiappa il 38% contro il 37% di Santorum. L’ex speaker della Camera Newt Gingrich conquista il 15% e il libertario Ron Paul il 9%. Gingrich vince in un solo Stato: la Georgia, con il 47% contro il 26% di Romney, il 20% di Santorum e il 6% di Paul.
Ultima a votare, per via del fuso orario, l’Alaska dove Romney vince con il 33%, mentre il suo rivale ottiene il 29%. Seguono Paul con il 24% e Gingrich con il 14%.
Nell’Idaho Romney ottiene il 67%, un dato scontato visto la presenza massiccia di mormoni, suoi alleati e seguaci. Qui arriva secondo Ron Paul con il 17%, Rick Santorum è al 14% e Newt Gingrich al 2%.
Nel Massachusetts era previsto che avrebbe vinto Romney, e infatti accaparra il 72% contro il 12% di Santorum e il 10% di Paul. In coda Gingrich con il 5%.
Nel Vermont, con il 40% vince la sfida contro Paul che si aggiudica il 25%, quasi a pari merito con Santorum che ottiene il 24%, e Gingrich fermo all’8%.
Anche in Virginia Romney supera Paul: 60% contro il 40%. Santorum e Gingrich non erano in corsa.
Santorum è primo in North Dakota 40%, Oklahoma (34%) e Tennessee (37%). Nel dettaglio: Paul è arrivato secondo in North Dakota con il 28%, Romney al terzo posto con il 24%, in coda Gingrich all’8%. In Oklahoma, Romney è secondo con il 28%, Gingrich con il 27% e Paul con il 10%. In Tennessee, arriva secondo Romney al 28%, Gingrich al 24% e Paul al 9%.
A tre mesi dall’inizio delle primarie, rimandate al 29 maggio quelle in Texas, la battaglia tra i candidati del partito repubblicano prosegue e non è detto che con il colpo di coda non lo dia Santorum, più giovane e con più appeal, secondo gli analisti. La nomination sarà decisa nel corso della Convention repubblicana di Tampa (Florida), il prossimo 27-30 agosto.
Vittoria con delusione quindi per Romney che ha riconosciuto la buona performance di Santorum e il buon risultato di Gingrich in Georgia. “Otterrò la nomination, il vero cambiamento è finalmente in arrivo, sono pronto a guidare il partito e il Paese verso la prosperità”, ha detto celebrando le vittorie ottenute e parlando ai sostenitori a Boston, durante lo spoglio in Ohio, dove poi ha vinto per appena 12mila voti. Questa volta Romney ha parlato meno da ‘Presidente’, attaccando Obama seppur meno del solito: “Il presidente vuole aumentarvi le tasse”, ha detto, insinuando che Obama “non dice la verità” e manca di “integrità”.
“Abbiamo vinto battaglie in tutto il paese, contro ogni aspettativa, quando gli altri hanno pensato ‘Ok, è finalmente finito’, siamo sempre tornati a vincere”. Non è certo un discorso di uno sconfitto quello pronunciato da Rick Santorum a Teubenville in Ohio, dove ha perso per un punto percentuale. “Abbiamo vinto nel West, nel Midwest e siamo pronti a vincere in tutto il paese”, ha poi concluso.
Gingrich ci crede ancora e commenta: “Ho visto molti conigli correre”, ha detto, ricordando i molti candidati repubblicani persisi per strada. “Ma io sono una tartaruga”. Le sue chance, in realtà, appaiono molto basse. Ma i suoi voti potranno essere determinanti nel momento in cui deciderà di ritirarsi.
Mitt non ha il carisma del padre e le sue idee sono diverse. A volte contraddittorie, sulle cellule staminali, sull’aborto, sui diritti dei gay, sulle armi e sulla sanità. Una sua prerogativa è cambiare opinione a seconda dell’audience che ha di fronte. Dice quello che la gente vuole sentire. Spende soldi per la pubblicità, molti soldi. L’America è certamente cambiata dai giorni del repubblicano Martin Luther King. E Mitt Romney, figlio di George W. morto nel 1995, è sicuramente diverso dal padre, una coppia familiare che ricorda Bush padre e figlio.
Ricordiamo che Romney, allora governatore del Massachusetts, nel 2008 si ritirò alle primarie e spianò la strada a John McCain. Nel voto in Ohio Romney ottenne solo il 3% penultimo davanti a Fred Thompson con il 2%. Ron Paul prese il 5% dei voti, Mike Huckabee il 31% e John McCain il 60%.
La corsa appare ancora aperta e tutto può ancora succedere.