Sono considerati dei veri e propri ''prigionieri'' dell'ambiente in cui vivono: al 2050 potrebbero arrivare a essere oltre 200 milioni, oggi (in base a stime sul 2010) dovrebbero essere almeno 50 milioni senza contare i 192 milioni di persone che non vivono nella loro terra di nascita, pari al 3% della popolazione mondiale. Sono i profughi del clima.
Ecco la situazione secondo l'Organizzazione per le migrazioni (Iom, International organization for migration):
- già nel 1990 si contavano 25 milioni dei cosiddetti 'profughi ambientali', in sofferenza per la pressione ambientale sulle loro terre causata da inquinamento, desertificazione, siccità e disastri naturali;
- l'Ipcc (il gruppo intergovernativo di scienziati Onu sui cambiamenti climatici), ha osservato che proprio la migrazione umana potrebbe essere uno degli effetti maggiori dell'impatto dei cambiamenti climatici, ritenuti ''uno dei fattori più importanti'' del processo migratorio;
- dal riscaldamento globale alla siccità, dall'innalzamento del livello dei mari alle inondazioni costiere, secondo lo Iom una persona ogni 45 nel mondo potrebbe essere sfollato a causa dei cambiamenti climatici. In ogni caso, il degrado economico e politico sono collegati alle migrazioni climatiche: secondo alcuni analisti si può creare ''un circolo vizioso che rafforza il degrado''.
- tra i paesi più esposti il Bangladesh in cui la capitale Dacca (12 milioni di abitanti e circa 400.000 persone che vi si riversano ogni anno, la megalopoli più a rischio dopo Giacarta e Manila), è già la principale destinazione dei rifugiati bengalesi colpiti da disastri meteorologici.