di Rita Piccolini
Tavola rotonda in Senato, promossa dall’Associazione Parlamentare per la Tutela e la Promozione del Diritto alla prevenzione e da AboutPharma , alla quale hanno partecipato il senatore Tomassini, presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, il senatore Quagliarello, vicepresidene vicario gruppo Pdl del Senato, il professor De Rita, presidente del Censis, il professor Scotti, presidente della fondazione Link Campus University di Roma. Grande assente giustificata la ministro del Welfare Elsa Fornero, impegnata nell’ultimo round sulle modifiche all’articolo 18, tra l’opposizione totale della Cgil, le incertezze della Uil, e possibili dietro front della Cisl.
Peccato! Discutere di “welfare italiano sotto lo stress test della crisi” alla presenza del governo impegnato a tagliare, tagliare, tagliare, soprattutto nel campo dell’assistenza sociale, sarebbe stato più stimolante, anche se i dati e l’analisi del Censis, illustrati dalla dottoressa Vaccaro, responsabile Welfare e Salute del Censis e autrice del Policy Brief sono stati indiscutibilmente interessanti.
Quello che emerge dall’incontro è un grido di allarme. Attenzione:” Il nostro sistema di welfare si trova oggi nell’occhio del ciclone. E’ uno dei principali imputati della crisi della finanza pubblica e quindi al centro delle ipotesi di revisione - scrive Ketty Vaccaro- emblematico è su tutti il caso della previdenza. Nello stesso tempo, proprio perché in un momento di forte crisi economica, il welfare rappresenta uno strumento irrinunciabile di sostegno a tutte le famiglie in difficoltà, il cui numero appare peraltro crescente”.
E che sia crescente non ci sono dubbi: il nostro si avvia ad essere sempre di più un paese di vecchi ma non un paese per vecchi. Finora sono le famiglie a fronteggiare le emergenze sociali, facendosi carico degli anziani, spesso disabili o comunque bisognosi di una cura costante e continua. Le donne soprattutto sono quelle che si immolano sull’altare dell’assistenza ai genitori o ai mariti malati. L’invecchiamento progressivo della popolazione fa aumentare in modo evidente le malattie degenerative gravi, dal Parkinson all’Alzheimer, o comunque forme di demenza senile sempre più diffuse o le inabilità gravi provocate dall’ictus. Risultato: ormai si ammalano di più anche le donne. E’ stata raggiunta l’unica parità tra uomo e donna non positiva. Soprattutto le donne che non lavorano fuori casa finiscono per risentire di più di questa condizione ammalandosi a loro volta di malattie cardiache e psichiatriche, con l’aggravante che le ricerche per le cure adeguate sono quasi tutte elaborate per la galassia maschile. Chi può riesce ad ovviare alle difficoltà con l’utilizzo delle badanti. Benedette badanti, verrebbe da dire, sempre presenti con i nostri cari, mentre noi non ci siamo. Vengono da paesi stranieri a prendersi cura delle nostre famiglie. Il costo medio per ognuna di loro è di circa 800 euro al mese, più i contributi. Ma si è pensato che nel prossimo futuro con il sistema contributivo le nostre pensioni saranno complessivamente più basse? Si potrà continuare ad avvalersi delle loro prestazioni? Insomma ce le potremo ancora permettere? E’ una riflessione dalla quale non si può prescindere.
Poi ci sono i figli, ed è sempre la generazione “di mezzo”, quella dei non più giovani e non ancora vecchi a doversi assumere un sovraccarico di responsabilità. La centralità familiare nel modello di welfare autodeterminatosi fa sì che prestazioni ed aiuto vengano fornite anche ai figli, sia che abbiano formato a loro volta un nuovo nucleo familiare, ma debole, basato sulla precarietà e sulla fragilità, sia che i figli siano single, e siano “bamboccioni” non per scelta ma per necessità. Lavori precari mal pagati e incerti rendono difficile scegliere di andare via di casa. Poi c’è l’aggravante delle case in affitto introvabili, o pure alla portata dei soli redditi alti. Rimarrebbe l’acquisto dell’abitazione, ma come se non ci sono garanzie sui propri guadagni e quindi è difficilissimo, pressoché impossibile accendere un mutuo? E’ una spirale perversa al ribasso che delinea un modello di società, quella di domani, a dir poco inquietante.
La crisi economico finanziaria che morde mette in discussione il modello italiano della famiglia polifunzionale che inizia a mostrare segni di debolezza “almeno per quello che riguarda alcuni suoi pilastri fondamentali, quali patrimonializzazione e solidarietà intergenerazionale. La ricchezza finanziaria delle famiglie, provate dalla crisi, si assottiglia e sono molte le modificazioni che ne indeboliscono la struttura”, conclude la professoressa Vaccaro.
E’ giusto quindi tagliare indiscriminatamente sul welfare alla luce di un domani problematico che incombe? Il rischio è che nella fase attuale di razionalizzazione della spesa si perda di vista l’importanza degli aspetti di efficacia e delle aspettative dei cittadini sul Servizio Sanitario e su quello dell’assistenza domiciliare, che sempre più diventa un elemento fondamentale per il buon funzionamento di una società sempre più anziana.
Ricordate l’adagio del “chi più spende meno spende?”. Questo ci ricorda il senatore Tomassini , sottolineando che la razionalizzazione economica non sempre porta necessariamente ad un’ottimizzazione del sistema.
Poi c’è il grande capitolo della previdenza. Negli ultimi anni i redditi da pensione hanno fornito un contributo importante alle finanze di figli e nipoti alle prese con la crisi attuale. Questa forma di solidarietà intergenerazionale è destinata a conoscere una brusca frenata nei prossimi anni: le nostre pensioni saranno più basse e arriveranno più tardi. Quindi è gioco forza che i giovani siano messi in condizione di camminare con le loro gambe. Senza contare che i bassi livelli di adesione alla previdenza integrativa, rifiutata dalla maggior parte dei lavoratori con varie motivazioni (molti la ritengono ingiusta; molti non la prendono in considerazione perché non adeguatamente informati; molti perché semplicemente non se la possono permettere), renderà il prossimo futuro più grigio e incerto per la maggior parte degli anziani. “L’equilibrio nei conti della previdenza pubblica non ci salverà dalla caduta del reddito degli anziani di domani, che con ogni probabilità dovranno fronteggiare i loro bisogni sanitari e assistenziali senza neanche poter contare sull’autogestione familiare”.
Quindi è necessario pensare di investire per un sano welfare del prossimo futuro, Spendere meno non significa spendere meglio e allora ha ragione il professor De Rita quando pone un interrogativo: “E’ giusto affermare che il welfare, come strumento sociale del Novecento è morto? “Navighiamo in mare aperto -afferma De Rita - in balia di diversi flussi: quello impetuoso della finanza internazionale (ci dicono quello che dobbiamo o non dobbiamo fare, altrimenti occhio allo spread!) poi ci sono i flussi inarrestabili degli immigrati e il tempo che inesorabilmente invecchia la nostra società. Non ci sono più linee guida. Dobbiamo saper gestire le variabili indipendenti dalla politica”.