dal nostro inviato Francesco Chyurlia
La crisi economica, nei suoi diversi mutamenti genetici, ha fatto fare all’Italia un balzo indietro di 14 anni. E’ come se tutti gli sforzi fatti dal 1999 ad oggi per sviluppare il nostro Paese al pari dei Paesi industrializzati si fossero infranti contro il muro delle spietate regole del liberismo economico e della globalizzazione. Il volto anonimo della speculazione mondiale, che cerca prede più fragile e con meno difese, ha inciso duramente sul tessuto economico-sociale del nostro Paese. A rappresentare questo scenario, tutt’altro che rassicurante, è la Confcommercio attraverso un articolato studio reso noto nell’annuale Forum sulle prospettive economiche dell’Italia a breve e medio termine.
Il presidente della Confederazione del commercio, Carlo Sangalli, parla chiaro nel suo intervento pronunciato nella consueta cornice della splendida Villa D’Este di Cernobbio, sul lago di Como. “Lo scenario è davvero preoccupante” perché la pressione fiscale apparente è pari, nel 2012, al 45,2% e quella effettiva sui contribuenti in regola è addirittura al 55%: “Un record europeo e mondiale”. Questo fardello, in continua crescita, impoverisce lavoratori e imprese, deprimendo i consumi che segnano “una caduta del 5,7% e la disoccupazione cresce di almeno mezzo punto”.
Tutti questi elementi possono sintetizzarsi in un quadro macroeconomico negativo. Il Pil, parametro dela crescita di un Paese, si riduce dell’1,3% e, in termini pro capite, si torna ai livelli del 1999. Anzi. Per i consumi, il balzo indietro è ancora più accentuato, riportandoci addirittura ai livelli del 1998. Sempre più evidente è la necessità di realizzare il cosiddetto “fiscal compact” (una comune disciplina fiscale e di bilancio a livello europeo).
Per Sangalli serve al nostro Paese un “robusto economic compact, cioè un robusto pacchetto di riforme e di scelte per la crescita”. Quali? Per cominciare è necessario semplificare i meccanismi burocratici del Paese. Secondo i dati del centro studi di Confcommercio, guidato da Mariano Bella, ammontano ad oltre 23 miliardi di euro l’anno gli oneri amministrativi relativi a 81 procedure particolarmente rilevanti per le imprese italiane. Altro tassello del mosaico sono, per Sangalli, le liberalizzazioni, ma anche queste, da sole non bastano.
Quale altro ingrediente serve, nella ricetta della confederazione, per tornare a crescere? “Occorrono –insiste Sangalli- selezionati e qualificati investimenti pubblici in beni comuni essenziali per il futuro: per l’innovazione ed il capitale umano, per il risparmio energetico e la sostenibilità ambientali, per le infrastrutture”. E poi si conferma la necessità degli eurobond, cioè l’emissione di titoli pubblici europei per il finanziamento di questi investimenti, e della spending review all’insegna del “meno sprechi e meno spesa corrente, e del più investimenti in conto capitale”. Investimenti in infrastrutture: per abbattere i circa 40 miliardi di euro all’anno che pesa sull’Italia per le in efficienze del sistema logistico. A tutto ciò non può mancare una politica che preveda “tolleranza zero” per chi evade e chi elude, minando le fondamenta del patto di cittadinanza e agisce contro la crescita del Paese.