Le Falkland/Malvine, 30 anni dopo


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Argentina, una ferita ancora aperta

Il Paese commemora i morti della sua ultima guerra malvinas_falkland_296

di Rodolfo Fellini
r.fellini@rai.it

Il 2 aprile 1982, la giunta militare argentina lanciava l’operazione per la riconquista delle isole Falkland/Malvine, occupate un secolo e mezzo prima dal Regno Unito. Le isole, scoperte dai francesi e conquistate dagli Spagnoli assieme a tutto il Sud del continente americano, erano una sorta di “terra di nessuno”, vista la scarsa attenzione di cui per due secoli sono state oggetto. Con l’indipendenza dell’Argentina, nel 1816, le autorità di Buenos Aires si arrogano i diritti già detenuti dalla Spagna e nel 1829 vi insediano una caserma. Quattro anni dopo, nell’indifferenza generale, il Regno Unito sbarca nelle isole e costruisce una base navale, piantandovi definitivamente il vessillo dell’Union Jack. Da allora, l’Argentina non ha mai smesso di rivendicarne la sovranità presso tutte le istanze internazionali.

Ridare fiato a governi in difficoltà

Il generale Galtieri, che nel 1982 guida il Paese, intravede la possibilità di risollevare le sorti di un regime alle prese con una situazione economica catastrofica e con un’opinione pubblica che, dopo anni di inerzia, comincia ad aprire gli occhi sui brutali metodi repressivi usati contro gli oppositori. Nell’immediato, la mossa si rivela azzeccata: l’illusione di avere vinto una guerra senza nemmeno dichiararla galvanizza la popolazione dietro a un rinnovato, e per certi versi insolito, sentimento di solidarietà nazionale. Galtieri e i suoi consiglieri ritengono che, nell’indifferenza insita nel destino delle isole, l’occupazione sarebbe stata accettata. Non hanno però fatto i conti con Margaret Thatcher. Il governo britannico accusa allora i contraccolpi delle politiche economiche ultra-liberiste attuate negli anni precedenti, con tassi di disoccupazione record. La “Dama di ferro” coglie così l’occasione per rifarsi una popolarità e invia nell’arcipelago un’impressionante task force navale che, nell’arco di pochi giorni, riesce a sbaragliare i militari argentini, per lo più soldati di leva, del tutto impreparati al rigore dell’autunno alle porte dell’Antartide. L’operazione Malvine fu un boomerang per la giunta militare, costretta di lì a poco a lasciare il potere sull’onda di un crescente scontento popolare.

Commemorazioni nei due Paesi

Oggi, a trent’anni da quella sconfitta non preventivata, il senso di frustrazione è ancora vivo a tutti i livelli della società: gli argentini si sentono vittime di un sopruso da parte di una potenza coloniale. L’attuale governo civile è quanto di più distante si possa immaginare dai militari di allora, ma la sua retorica non vi si discosta più di tanto. La rivendicazione delle isole "Gran Malvina" (West Falkland) e "Soledad" (East Falkland) e del capoluogo "Puerto Argentino" (Stanley) rappresenta un collante per un popolo giovane, figlio delle ondate migratorie, la cui identità per molti versi è ancora in via di formazione. Per la ricorrenza, sia il Regno Unito che l’Argentina hanno in programma una nutrita serie di manifestazioni. A Stanley, il microscopico capoluogo delle Falkland, già onorato nelle scorse settimane dalla presenza del principe William, è prevista una parata militare. Un analogo corteo si terrà a Londra. Cristina Fernandez de Kirchner, presidente argentina, sarà invece a Ushuaia, capoluogo della Terra del Fuoco, provincia di cui l’arcipelago fa parte, secondo i libri di geografia locali, per commemorare i 649 caduti dei 74 giorni di guerra.