Antonio Tabucchi era nato a Pisa il 24 settembre 1943. Docente di letteratura portoghese e tra i massimi esperti di Fernando Pessoa. Inizio' l'attivita' di scrittore nel 1975 con il romanzo "Piazza d'Italia", cui fecero seguito varie raccolte di racconti ("Il gioco del rovescio" del 1981 e "Piccoli equivoci senza importanza" del 1985). Il successo giunse con i romanzi "Requiem" del 1992 e soprattutto "Sostiene Pereira" del 1994, con cui vinse anche il premio Campiello. Il volume, pubblicato da Feltrinelli, e' ambientato a Lisbona durante la dittatura di Salazar. L'impegno civile e l'alone di mistero che pervadono lo stile letterario di Tabucchi sono stati confermati nelle sue ultime opere importanti: "La testa perduta di Damasceno Monteiro" del 1996 e soprattutto il romanzo epistolare "Si sta facendo sempre piu' tardi" del 2001. Nel 2003 appare in libreria "Autobiografie altrui. Poetiche a posteriori", sette testi di poetica, per la maggior parte inediti o inediti in Italia. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo "L'oca al passo" (2006) e "Il tempo invecchia in fretta" (2009). L'ultima fatica letteraria e' "Racconti con figure" (2011).
I suoi libri sono tradotti in quaranta lingue. Alcuni dei suoi romanzi sono stati portati sullo schermo da registi italiani e stranieri (Roberto Faenza, Alain Corneau, Alain Tanner, Fernando Lopes) o sulla scena da rinomati registi teatrali (Giorgio Strehler e Didier Bezace fra gli altri). Ha ricevuto numerosi premi in Italia, fra cui il Pen Club Italiano, il Premio Campiello e il Premio Viareggio-Repaci; e prestigiosi riconoscimenti all'estero, fra cui il Prix Medicis Etranger, il Prix Europe'en de la Litterature e il Prix Mediterranee in Francia; l'Aristeion in Grecia; il Nossack dell'Accademia Leibniz in Germania; l'Europaischer Staatspreis in Austria; il Premio Hidalgo e il premio per la liberta' di opinione "Francisco Cerecedo" attribuito ogni anno dal Principe delle Asturie, in Spagna. E' stato nominato "Chevalier des Arts et des Lettres" dalla Repubblica francese e ha ricevuto la decorazione dell'Ordine dell'Infante D. Henrique dal presidente della Repubblica portoghese. E' stato professore dell' Universita' di Siena ed ha insegnato in prestigiose Universita' straniere (Bard College di New York, Ecole de Hautes Etudes e Colle'ge de France di Parigi). Ha collaborato con quotidiani italiani e stranieri ("Corriere della Sera". "Unita'", "Il manifesto", "Le Monde", "El Pai's", "Diario de Noticias", "La Jornada", "Allegemein Zeitung") e riviste quali "La Nouvelle Revue Francaise" e Lettre International". E' membro fondatore dell'"International Parliament of Writers". Dal 2000 e' stato proposto dal Pen Club italiano all'Accademia di Svezia quale candidato italiano per il Nobel di letteratura.
Romanzi che nascevano per diventare film
C'e' una tale fisicita' visuale nella parola di Antonio Tabucchi, che spesso si è detto che i suoi romanzi nascevano per diventare film. In verita', come e' accaduto di capire ai registi che sono cimentati con le sue storie, quella parola visiva si scioglie sullo schermo e non sempre trova lo stesso spessore di echi e risonanze. Anche il suo romanzo piu' celebre, 'Sostiene Pereira', adattato per lo schermo da Roberto Faenza con la collaborazione dello scrittore, e' rimasto nella memoria piu' per l'intenso mimetismo che Marcello Mastroianni ha saputo dare al personaggio principale che non per la riuscita complessiva. Chiamato a ricordare quell'esperienza al Festival di Locarno nel 2002, Tabucchi diceva: "Il personaggio di Pereira e' nato nella mia immaginazione e, anche se non ho descritto il volto, sapevo bene qual era la sua faccia. Poi c'e' stato il film di Roberto Faenza tratto dal mio libro. Da allora se ripenso a Pereira riesco solo a vederlo con la faccia di Mastroianni e questo e' il piu' bel ricordo che mi e' rimasto di lui".
La storia del suo amore per il cinema e' in effetti piu' lunga e comincia come un'esperienza da autentico cinefilo, formatosi davanti alle grandi opere del neorealismo, ma anche dei film americani, con una speciale predilezione per 'Via col vento', scoperto da bambino nell'immediato dopoguerra. Forse non è un caso che, chiamato a esprimere le sue passioni in fatto di film, rispondesse: "Il regista che forse amo di piu' in assoluto e' Fellini, per cui conservo un affetto speciale fin dai tempi dello 'Sceicco bianco' e dei 'Vitelloni'. Fellini e' un universo a se', alimentato dalla forza di una fantasia scatenata. Lui non si e' mai imposto autocensure, anzi, al contrario, e' uno che e' sempre andato dove piu' desiderava". Con Fellini, pero', non lavoro' mai, cercato e prediletto piuttosto da autori giovani che ne scoprivano, affascinati, la straordinaria modernita'. Comincio' nel 1989 il giovanissimo Massimo Gugliemi che a lui si rivolse per la sua opera d'esordio, 'Rebus' con Charlotte Rampling: una produzione ambiziosa e complessa, voluta dal giovane produttore Roberto Cicutto e poco valorizzata all'epoca. Poi fu la volta di Alain Corneau che si innamoro' del suo 'Notturno indiano' (nello stesso 1989), di Fernando Lopes che adatto' nel 1993 'Il filo dell'orizzonte', di Roberto Faenza che ne fece un autore popolare grazie a 'Sostiene Pereira' nel '95. Eppure, nonostante le collaborazioni con Silvio Soldini (appare anche come attore in 'Rom tour' del 1999) e di un maestro a lui molto affine come lo svizzero Alain Tanner ('Requiem', 1998), Tabucchi rimane piu' un osservatore del cinema che un diretto protagonista. Amava molto quest'arte, fu piu' di una volta giurato ai festival internazionali e acuto osservatore, critico o polemista.
Della scena italiana all'inizio degli anni 2000 diceva: "Ci sono molti autori che mi piacciono, giovani e meno giovani. Nanni Moretti, Mario Martone e mi fermo qui con i nomi per non fare torti a chi ora dimentico. Sono convinto che in Italia si facciano bei film, anche se poi subentra il problema della distribuzione e del dove poter vedere queste opere". Ma la sua visione del racconto per immagini resta anche oggi un'analisi lucidissima ed emozionante: "Non e' detto che il cinema sia esclusivamente un'arte industriale e quindi un'arte di mercato. Lo e' anche, ma non solo. L'importante e' proprio non cedere a quegli imperativi che sembrano non concedere alternative, ma sapersi conservare dei salutari margini di liberta'. Anche perche' tutti li possono rivendicare in qualsiasi momento".