Musica - i consigli della settimana


Stampa

Neo-folk e puzzle sonori

Ed Sheeran rinnova la tradizione, Gotye la reinventa

di Maurizio Iorio

Ed Sheeran

+ (Warner)

In Gran Bretagna i fenomeni musicali nascono come funghi, probabilmente perché piove molto. Molti rientrano nell’anonimato dopo una vampata da supernova, altri resistono al lento stritolamento dello showbiz, che non fa mai prigionieri. Il fenomeno del momento si chiama Ed Sheeran, 21 anni appena compiuti, da Halifax, West Yorkshire. Ha appena superato il milione di copie vendute del suo album d’esordio, chiamato semplicemente “+”, come il segno matematico dell’addizione. Viso d’angelo da teen-ager, lentiggini e chioma arruffata biondo-rossiccia, il ragazzo ha macinato una bella manciata di chilometri per suonare ovunque ci fossero un palco e due sedie, una sorta di gavetta auto-inflitta, senza passare per i reality sforna talenti come X Factor e similia. Dopo un breve passaggio a Los Angeles, Ed Sheeran è rientrato a Londra dove è stato messo sotto contratto da una major. La scoperta del nuovo fenomeno grazie a Youtube, dove le proposte musicali di Ed Sheeran sono state cliccate milioni di volte. Così, a settembre, in Inghilterra esce “+”, da marzo anche in Italia. Difficile etichettare la sua musica, che spazia dal neo-folk al pop all’hip-hop. Il tutto mescolato con estrema leggerezza, che però non deve far pensare al ruffianerie sonore. Testi semplici ed efficaci (“Fuori fa troppo freddo perchè gli angeli riescano a volare”, canta in A-Team), arrangiamenti spartani, melodie orecchiabili e facilmente memorizzabili. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. Non a caso i media britannici non hanno gridato al miracolo. Però il giovanotto s’è accaparrato il Brit Award 2012 come miglior artista maschile. Insomma, non è il nuovo Bob Dylan, piuttosto un nuovo adepto del corposo movimento neo-folk, al quale si sono iscritti molti giovani virgulti. Se son rose…

Goyte Making

Mirrors (Island)

Se novanta milioni di visualizzazioni in rete possono costituire motivo d’orgoglio, il signor Wouter Wally De Backer, in arte Gotye, ha tutte le ragioni per essere orgoglioso. Trent’anni, belga, Gotye proviene da Bruges, la Venezia del nord, deliziosa città d’acqua e d’arte. Il video di “Somebody that I used to know”, il singolo che impazza in rete e in radio, ha anticipato l’uscita di “Making Mirros”, il terzo album di questo originale musicista che, per via di una palese somiglianza timbrica , è stato accostato a Sting e Peter Gabriel. Accostamento legittimo, perché le somiglianze non si limitano alla voce. Gotye ha fatto man bassa degli insegnamenti dell’ex-Genesis, e gioca con maestria con gli strumenti virtuali. Registra i suoni della sua casa e li campiona, ascolta il vento che fende l’aria attraversano i pali degli steccati, e lo fa diventare la linea di basso di “Eyes Wide open”. Che il progetto faccia storcere il muso ai fautori dei quattro-accordi- quattro è più che naturale. Goyte è la festa della creazione virtuale, del sample appiccicato su un pentagramma come le tessere del mosaico sulla tela. Pezzi di materiali (sonori, in questo caso) che non potrebbero vivere di vita autonoma e che, messi insieme , formano un puzzle che si anima come la polvere in sospensione quando viene attraversata dalla luce. Gotye ha registrato pezzi di vecchi dischi, voci sparse nel mondo, graffi, fischi e rumori, e li ha trasformati in canzoni. Come mettere ordine nel caos, o piantare le indicazioni stradali nella via Lattea. “Making Mirrors”, realizzato in Australia (molti dei suoni provengono dall’Outback, il deserto dell’interno), dove De Backer vive da quando aveva due anni, per certi versi è geniale e ricorda le operazioni sonore di Moby, che però è più debitore del soul e del blues. La musica di Gotye è stata definita “laptop music”, mescola pop anni ’60 e vintage, psichedelia e hip-hop, elettronica e reggae. Ma attenzione a non sottovalutare questo album, bollandolo come un pout-pourri sonoro, il classico “non tutto ma di tutto”. “Making Mirrors” è incasellabile, se è vero, com’è vero, che per inventare un genere bisogna reinventare i generi. Gotye l’ha fatto, è come se avesse trovato la chiave per decifrare il linguaggio di Babele. E se Peter Gabriel e Sting sono già nati e non sono clonabili, l’unica cosa che può fare un musicista è parlare come loro due messi insieme. In pratica, come creare un nuovo idioma fondendo i latino e il greco.