di Carla Toffoletti
Il regista Giuliano Montaldo si trova a Cuba dove ha appena finito di girare un documentario sulla storia dei 50 anni della Rivoluzione , che si compiono il primo gennaio 2009. Nelle due settimane di riprese ha parlato con molte persone e “con tanti giovani che hanno speranza”. Il documentario uscira’ tra febbraio e marzo prossimi. Abbiamo raggiunto Montaldo e ci siamo fatti raccontare la sua esperienza
“Sono stato 3 settimane a Cuba e ho parlato con i protagonisti che hanno vissuto questa esperienza. Sono stato con la gente, le persone piu’ semplici, coloro che hanno vissuto le varie fasi di questi 50 anni di storia di Cuba dal momento dell’assalto mancato alla base militare della Moncada fino a questi giorni, che rappresentano un grosso punto interrogativo della storia . L’"american dream", il sogno americano ,il mito del facile guadagno,con la crisi economica che attraversa tutto il mondo, sembra scricchiolare. Siamo tutti un po’ in braghe di tela. In piu’ c’e’ l’arrivo di questo nuovo presidente degli Stati Uniti che, pur dovendo fare i conti con il suo Parlamento, certamente avra’un occhio diverso verso Cuba. Gia’ il fatto di aver smantellato Guantanamo la dice lunga. Insomma ognuno dovra’ guardarsi attorno con maggior tolleranza, con maggior comprensione e un po’ meno muscoli".
Cosa è emerso da queste sue interviste alla gente?
"Ho colto una cosa che immaginavo e che forse è la cosa più ovvia: che amano in modo straordinario il loro Paese, che anche chi ha voglia di andar via poi ha voglia di tornare, perché effettivamente la loro terra, la loro isola, il loro sole, è una cosa che li fa star bene. Certo c’è quello che e’ chiamato “il muro de agua", davanti al mare che porta a Miami non si trova neanche un’imbarcazione, neanche una barca per pescare, pero’ c’è qualcosa che li lega alla loro terra, e questo è il grande orgoglio di essere cubani. In fondo questi 50 anni di Davide contro Golia li ha fatti sentire al centro del mondo, li ha fatti sentire protagonisti, anche se hanno vissuto momenti molto drammatici, l'invasione della Baia dei Porci, l’arrivo dei missili a Cuba, gli attentati. Ancora oggi ci sono 5 cubani in prigione negli Stati Uniti accusati di attività antiamericana. In realtà erano 5 cubani che si erano infiltrati tra i cubani esuli di Miami per vedere se c’erano ancora tentativi di nuovi attentati nei confronti di Cuba, che ne ha subito parecchi. Per questo sono stati presi e sbattuti in carcere. Sono rinchiusi da oltre 10 anni. Io ho parlato con la mamma di uno di loro. Anche questo alimenta delle tensioni, alimenta l’antiamericanismo. Come l’embargo imposto dagli Stati Uniti dal 1962, che ha messo in ginocchio il Paese, crea rabbia e tensione . La sensazione e’ che se si va tra i campesinos la riconoscenza e’ piu’ forte. I cubani esuli che tornano a trovare i familiari ostentano una ricchezza che corrompe un po’, soprattutto all'Avana. Questo da’ fastidio a qualcuno, mentre altri vi vedono una fonte di guadagno non lecita ma tacita. Questo corrompe. Appena si esce dall’Avana c’e’ un altro clima, un’altra riconoscenza. Quello che colpisce di Cuba e’ la cultura che e’ diffusa e molto varia. Basta pensare ai medici, si parla di oltre 80mila medici, una delle percentuali piu' alte al mondo in rapporto alla popolazione. Ho visitato la fabbrica dei sieri, sono stato all’Universita’, ho parlato con il direttore della televisione, ho visto spettacoli,sono stato al Centro sperimentale di cinematografia, sono stato in mezzo alla gente. Ho raccolto delle sensazioni che mettero’ insieme, piano piano. Devo incominciare il montaggio il 5 di gennaio e ho ancora tutto il materiale da rivedere.Una bella esperienza comunque".
Con il termine rivoluzione, oltre a quello che storicamente è stato, si indica un processo ancora in atto che tenta di costruire una societa’ possibilmente egualitaria
"Io credo che ci si stia avviando piano piano verso un modello un po’ alla cinese. Raul, che non ha il carisma di Fidel (se si pensa al Che e a Fidel,quei due erano da cast cinematografico, una copia che ha vissuto del mito della bellezza, della forza, dell’attrazione, qualcosa che fa parte di un cast) sta facendo delle piccole aperture: si stanno progettando i supermercati, si vedono i primi telefonini, qualche computer, insomma si vedono delle aperture. Questo significa anche ristrutturare quel bellissimo centro dell'Avana con quelle costruzioni che hanno una storia e si parla del progetto di affidarle in gestione alle famiglie del posto. Questa sarebbe un’apertura clamorosa".
La sua esperienza da regista?
"Da regista devo dire che Cuba e’ un posto entusiasmante. Molti miei colleghi sono stati qui alla scuola di cinematografia prima di me. Zavattini e’ ricordato con grande affetto, piu’ che da noi. C’e’ una grande Z fatta per terra a mosaico che e’ un omaggio enorme al grande Cesare. Poi Scola e poi tanti altri hanno lasciato scritte, dediche,perche’ Cuba per un regista e’ veramente entusiasmante. Qui si insegna, si studia. C’e’ molto desiderio di conoscenza, Ho partecipato alla Festa del Cinema latino americano e con mia sorpresa, perche’ loro non sapevano che sarei andato li’,trasmettevano anche l’ultimo mio film: I Demoni di San Pietroburgo Per tutti i film c’era una coda fuori di migliaia di persone. Il cinema conteneva 2850 posti ed era pieno, con la gente pagante in coda che non riusciva ad entrare. Era emozionante. Da noi non vedo questo da anni, almeno dal dopoguerra".
Lei non era mai stato a Cuba. Cosa l’ha spinto a farlo proprio ora?
"La curiosita’, il desiderio di conoscenza, la voglia di vedere cosa e’ accaduto in un percorso di 50 anni per questa storia di Davide e Golia.Capire un popolo che ha resistito per mezzo secolo e che, ne' le pressioni del blocco, ne' gli uragani , ne' nesuno e' riuscito a piegare o a dividere".
Il suo bilancio?
"Il mio bilancio personale e’ che l’amore per Cuba supera ogni avversita’. L’amore per la loro terra e’ cosi’ forte che ha permesso e permettera’ loro di superare tutte le difficolta’".