Evasioni, frodi e lo spettro della camorra


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L'operazione 'Bad Iron'

Da una piccola società una ragnatela di aziende per frodare il fisco gdf_napoli_sequestro_296

La storia, a prima vista, potrebbe sembrare uguale a quella che tutti gli imprenditori sognano. Lavoro, soddisfazioni economiche e crescita. E poi, alla fine, il grande salto con l’acquisizione di altre aziende, la ramificazione dell’attività di produzione in altre città, la commercializzazione con punti vendita molteplici.

In realtà, purtroppo, è solo una delle tante storie di “ordinaria evasione e malaffare”. “Abbiamo condotto con la Procura di Napoli indagini per ben tre anni. Appostamenti, intercettazioni ambientali e telefoniche, dichiarazioni di pentiti, pedinamenti, verifiche. Alla fine siamo riusciti a chiudere il cerchio e ad assicurare al fisco il suo ‘dovuto’ ed alla giustizia, che farà il suo corso, gli autori”.

Il tenente colonnello Bruno Salsano è il capo ufficio operazioni del Nucleo di Polizia tributaria della Finanza partenopea. Con grafici, tavole riassuntive e centinaia di fogli, spiega in sintesi l’operazione “Bad Iron”, condotta nei confronti del gruppo imprenditoriale Ragosta. “Il nome è stato scelto per l’attività svolta da una società nata una ventina di anni fa e dedita alla commercializzazione di materie ferrose. I titolari, accusati di contiguità a famiglie camorristiche, in pochi anni sono riusciti a costruire un vero e proprio impero finanziario. Abbiamo constatato che attraverso una complessa rete di società costituite ad hoc e intestate per lo più a prestanome, sono riusciti a evadere l’Iva per oltre 210 milioni di euro.

Le 27 società a loro riconducibili fungevano da vasi comunicanti, in grado anche di garantire crediti di imposta per milioni di euro. Una ragnatela fittissima sulla quale non è stato semplice lavorare”. Da una parte una società fatturava la vendita di materiale, dall’altra non versava l’Iva allo Stato. Un’altra società, poi, rivendeva il materiale. Si creava così un credito di imposta, ovvero soldi che l’impresa richiedeva al fisco. Ma non solo.

“A questi reati di evasione e frode – aggiunge Salsano – si sono aggiunti anche altri. Come ad esempio la corruzione. Quando i soci sono accorti di aver il fiato sul collo con verifiche e controlli fiscali, hanno avvicinato i membri della Commissione tributaria provinciale per chiedere aiuto. I giudici sono stati ‘ammorbiditi’ con regali, viaggi, mazzette e scambio di favori. Alla fine delle indagini i risultati sono più che eloquenti. Sono scattati 60 provvedimenti giudiziari: carcerazione, arresti domiciliari e divieti di dimora nel comune di Napoli, nei confronti degli imprenditori, dei loro familiari e di funzionari pubblici”.

Ma questi soldi non versati al fisco potranno essere mai recuperati? “Certamente sì. Oltre alle verifiche e agli arresti, abbiamo messo in atto i sequestri, grazie anche alle rogatorie internazionali. Alla fine la lista di beni mobili e immobili posti sotto sequestro supera il miliardo di euro. Sono anche emersi legami commerciali con il clan dei Casalesi per quanto riguarda il traffico di rifiuti. Una rete imponente di aziende, dall’acciaio, agli hotel, passando per l’industria dolciaria”.

(N.R.)

>>> IL VIDEO DELL'OPERAZIONE