Musica - i consigli della settimana


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C’è pop e pop

Nuovi album per Jason Mraz e per i Fun.

di Maurizio Iorio

Jason Mraz
Love is a four letter word (Atlantic)

“Amore è una parola di quattro lettere”. Titolo sintomatico per un album verniciato d’argento, luccicante come quegli anelli di fidanzamento che prometteno molto e che, spesso, tradiscono le aspettative. Infatti questo quarto album del trentaquattrenne Jason Mraz, originario della Virginia, vegano (informazione fine a se stessa, non dovrebbe influire sulla musica), è il classico prodotto da airplay radiofonico, levigato come cristallo di Boemia e gradevole da ascoltare, prodotto con cura meticolosa da Joe Chiccarelli (White Stripes), abituato a suoni ben più abrasivi, che anche qui non avrebbero guastato. Ma che manca della spinta per staccarsi da terra. “Love…” è una raccolta di musica per post-adolescenti, o anche per “adultescenti” irrisolti. Canzoncine delicate, buone per le situazioni intime o introspettive di serial televisivi come “Glee” o “Grey’s anatomy”. Il pop di Mraz, anche se vestito a festa, pesca un po’ a casaccio nel canzoniere americano. Si sentono echi di gente come John Denver, Stevie Wonder, David Crosby, Billy Joel, ma si capisce che sono riverberi di voci lontane. Piacevole, ma impalpabile. E quindi destinato a non lasciare il segno. In America Mraz è il cantante del momento ma, si sa, i momenti passano in fretta.


Fun.
Some nights (Fueledbyramen)

Fun. Con il punto alla fine, per distinguersi da una band finlandese. Tre baldi giovani confluiti a New York, il frontman e cantante Nate Ruess, il chitarrista Andrew Dost e il multi-strumentista Jack Antonoff, abbigliati con tanto di smoking e farfallino d’ordinanza, frequentano gli stessi pascoli del pop di Jason Mraz. Ma dove l’erba è più verde. “Some night” è il secondo album della band, e suona come se i tre si fossero moltiplicati a dismisura: archi, chitarre, fiati, cori, tastiere. Il risultato è molto anni ’70, i Queen (“Carry On”, “Why am I the one”) sono dietro le quinte, Elton John pure, idem la Electric Light Orchestra, e influenzano la scrittura delle canzoni come se avessero partecipato in prima persona alla stesura delle partiture. Siamo nei territori del pop di qualità, enfatizzato da un suono pomposo e vagamente sinfonico, che si avventura perfino in divagazioni bandistiche (“One Foot”), e che riporta indietro l’orologio della musica di almeno trent’anni, quando il genere cominciava a produrre i primi gioielli. Canzoni, quelle di “Some nights”, che hanno il taglio dell’inno, la dimensione corale ed ariosa dell’orchestra, ma che non debordano nella “grandeur” musicale dei Queen. Certo, Freddy Mercury è lontano anni luce, ma questi Fun. in futuro potrebbero comunque riservare belle sorprese.