di Maurizio Righetti
Uno dei fastidi più significativi incontrati costantemente dai diabetici, per qualcuno il peggiore, è la misurazione del livello della glicemia. Ogni volta occorre pungersi. Ora però, grazie a un'invenzione tutta italiana, il Glycolaser, il sogno di un rilevazione senza il “pic” sembra a portata di mano . Senza dolore, senza rischio di infezione. Il rivoluzionario strumento, brevettato da una piccola società lombarda, è stato sperimentato per la prima volta presso il Diabetes Research Center dell'Istituto San Raffaele di Milano, diretto da Emanuele Bosi. I risultati, molto incoraggianti, sono stati presentati a Torino, in anteprima mondiale, durante il 24° congresso nazionale della Società Italiana di Diabetologia. Stando ai dati raccolti, il Glycolaser ha un'accuratezza nella valutazione della glicemia che si aggira attorno al 90 per cento, poco meno del 95 richiesto dalle autorità regolatore, Food and Drug Administration statunitense ed European Medicines Agency europea, per la messa in commercio dell'apparecchio. Si tratta, ora, dunque, solo di 'limare' verso l'alto la performance.
Per la lettura laser è sufficiente appoggiare un dito e premere un bottone
La tecnologia su cui si basa il nuovo glucometro, un piccolo apparecchio grande poco più di un cellulare, è il laser: la luce riesce infatti a “leggere” la glicemia e per farlo serve semplicemente che il paziente appoggi un dito su una finestrella dello strumento. Si preme un bottone e nel giro di pochi secondi sul display appare il valore di glicemia. “Per la sperimentazione sono stati studiati 171 adulti di cui 31 controlli sani, 136 pazienti con diabete e 4 con sindrome ipoglicemica – spiega Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia –. A tutti è stata misurata la glicemia con Glycolaser a digiuno o dopo un pasto e questa è stata confrontata con il valore ottenuto con un test standard sul sangue, con l'obiettivo di valutare l'accuratezza dell'apparecchio. Si è così osservato che in un caso su due i valori misurati erano all'interno degli standard di riferimento per la qualità dei glucometri e che l'accuratezza si aggira attorno al 90 per cento. Sesso, età, condizione di digiuno o meno, uricemia e altri fattori non hanno avuto effetto sulle misurazioni”.
Emanuele Bosi: una rivoluzione per i pazienti
Le autorità regolatorie richiedono un'accuratezza di almeno il 95 per cento per autorizzare la commercializzazione di un nuovo glucometro e i dispositivi attualmente a disposizione sono affidabili nel 97-98 per cento delle misurazioni. L'obiettivo però non sembra affatto fuori portata e si sta modificando lo strumento in maniera da migliorare le sue prestazioni. “Sarà importante aumentare l'accuratezza soprattutto nel range dei valori bassi, perché ovviamente avere la glicemia a 70 e ricevere una misurazione che attesta 80 fa differenza, mentre averla a 160 e leggere 170 non cambia molto le cose ai fini della cura – spiega Emanuele Bosi, coordinatore dello studio. Si tratterebbe ovviamente di una rivoluzione per i pazienti, sia perché eliminerebbe i fastidi connessi al test della glicemia sia perché sarebbe più economico dell'uso delle strisce: oggi un diabetico che debba controllare la glicemia sei o sette volte al giorno può spendere anche cinque euro di strisce, con uno strumento portatile di questo tipo si potrebbero fare molti più test, a tutto vantaggio del controllo glicemico, senza costi aggiuntivi a parte quello dell'acquisto dello strumento”.
Diabete, ogni giorno 130 pazienti in pronto soccorso
Durante il Congresso nazionale Sid di Torino si è parlato anche della vera e propria “epidemia di diabete” che ha colpito l'Italia e non accenna a ridursi: la malattia riguarda ormai circa 4 milioni di persone nel nostro Paese e il numero di pazienti è aumentato del 70 per cento negli ultimi quindici anni. Preoccupano i tanti casi di ipoglicemia: ogni anno 50mila diabetici, più di 130 persone al giorno, finiscono in pronto soccorso con la glicemia troppo bassa, circa 8000 vengono ricoverati. Accade anche perché i malati non sono tuttora curati al meglio: solo il 70 per cento fa il test della glicemia almeno una volta all'anno, soltanto il 64 per cento controlla l'emoglobina glicata, neppure il 30 per cento si sottopone agli screening per la funzione renale.
Esplode spesa sanitaria, oltre 10 mld all’anno
E continua a salire la spesa sanitaria per la malattia, che ha ormai sforato i dieci miliardi di euro all'anno: l'allarme arriva dai dati più aggiornati dell'Osservatorio ARNO Diabete del Centro interuniversitario Cineca, realizzato in collaborazione con la Società Italiana di Diabetologia (SID). Il database dell'Osservatorio è stato ottenuto integrando i flussi sanitari (farmaci prescritti, ricoveri, accesso a prestazioni specialistiche) di ogni singolo paziente di una rete di 32 ASL, per un totale di quasi dieci milioni di italiani. I diabetici inclusi nell'Osservatorio sono circa 544.000 e sono ormai disponibili i dati integrati di 15 anni, che consentono di scattare una fotografia molto precisa dell'assistenza ai diabetici e delle loro caratteristiche.
Stefano Del Prato: i malati non vengono tuttora curati al meglio
“I dati raccolti dipingono il quadro di una malattia in continua crescita, con un gradiente crescente nord-sud e un incremento del numero dei casi pari al 70 per cento negli ultimi quindici anni – spiega Stefano Del Prato, presidente SID –. Nelle donne la prevalenza è cresciuta del 50 per cento e negli uomini di quasi il 90 per cento, tanto che oggi nel sesso maschile l'incidenza di nuovi diabetici è pari a 7 casi per anno ogni mille persone. Purtroppo i malati non vengono tuttora curati al meglio: solo il 64% esegue almeno una volta all'anno una misurazione dell'emoglobina glicata, prezioso indice dell'andamento e del grado di controllo della glicemia nel tempo. Lo screening della nefropatia diabetica, il più forte predittore di rischio cardiovascolare nei diabetici, viene effettuato una volta all'anno da meno di un terzo dei malati. Abbiamo stimato inoltre che l'aderenza alle cure arrivi al 30-40 per cento dei pazienti: non basta, dovremmo arrivare almeno al 70-80 per cento”.
I casi di ipoglicemia sono soprattutto al sud
Tutto questo comporta rischi maggiori per i pazienti e non a caso preoccupano i dati emersi circa i ricoveri ospedalieri dei diabetici per complicanze acute: nonostante si siano ridotti di circa il 40 per cento negli ultimi dieci anni, continuano a verificarsi numerosi casi di ipoglicemia e soprattutto al sud. “I nostri dati indicano che ogni anno circa 50mila diabetici vanno in pronto soccorso per un calo drastico della glicemia, circa 8000 devono essere ricoverati – spiega Giulio Marchesini Reggiani, direttore della Struttura Dipartimentale di dietetica clinica del Policlinico Sant'Orsola di Bologna e responsabile dell'Osservatorio ARNO- Diabete per la SID -. L'ipoglicemia è una delle complicanze più temute del diabete, con un grosso impatto sulla qualità della vita dei pazienti. Quando, seguendo la terapia per abbassare la glicemia, ci si avvicina alla soglia di normalità fatalmente cresce il rischio di “esagerare” nel verso opposto e andare incontro a cali eccessivi degli zuccheri nel sangue, che possono portare al coma o a perdite momentanee della coscienza che purtroppo hanno anche conseguenze gravi, se ad esempio avvengono mentre ci si trova alla guida.”
Ridurre i rischi con medicinali intelligenti
I farmaci che aumentano maggiormente il rischio di crisi ipoglicemiche sono le cosiddette sulfoniluree - spiega Stefano Del Prato - che stimolano la produzione di insulina: per ridurre i rischi potremmo utilizzare medicinali “intelligenti” che inducano la sintesi dell'ormone solo quando la glicemia è alta, interrompendola quando si avvicina a valori normali. Principi attivi di questo tipo sono già teoricamente disponibili (si chiamano farmaci incretinici), ma il loro utilizzo è fortemente limitato per il costo più elevato. Così, per risparmiare un po’ sul bilancio dei farmaci, si spende molto di più in ricoveri facilmente evitabili”. I farmaci sono peraltro un'importante voce della spesa associata al diabete, in crescita esponenziale visto l'aumento vertiginoso e continuo dei casi: benché i medicinali rendano conto di meno di un terzo dei costi complessivi (la parte del leone la fanno complicanze e ricoveri), il Servizio Nazionale negli ultimi quindici anni ha visto crescere del 132 per cento la spesa per farmaci, con punte di incremento del 184 per cento nel caso degli analoghi dell'insulina, usati da circa il 20 per cento dei diabetici.
Giulio Marchesini Reggiani: per ridurre le complicanze e limitare la spesa, i farmaci vanno usati meglio.
“Se usassimo meglio i farmaci potremmo ridurre le complicanze, che oggi drenano gran parte delle risorse economiche destinate al diabete: dei circa 2800 euro l'anno spesi per ogni diabetico, 1600 derivano dai ricoveri – dice Giulio Marchesini Reggiani - . Il tasso di ospedalizzazione è infatti del 31 %, circa l'80 % in più rispetto a chi non ha diabete. Per ridurre la frequenza e i costi di tali complicanze limitando al tempo stesso il loro impatto sulla qualità di vita dei diabetici occorre potenziare e razionalizzare l'assistenza diabetologica sul territorio, accorpando le competenze specialistiche in strutture in grado di curare i pazienti più complessi e di identificare le complicanze prima che diano segni clinici evidenti: così facendo si possono dimezzare i casi in cui le complicanze del diabete diventano di difficile gestione”.