di Fabrizio de Jorio
(f.dejorio@rai.it)
La legge anticorruzione, dopo l’approvazione alla Camera, seppur con la fiducia, passerà al Senato. Venti articoli per battere, secondo l’intenzione del legislatore, la corruzione nella Pubblica amministrazione. Tra le misure contenute nel testo, il Codice etico per gli statali, la nomina di un Responsabile anticorruzione all’interno degli uffici pubblici, ma anche il tetto massimo per il fuori ruolo dei magistrati e la tutela dell’anonimato, sul modello anglosassone, del dipendente pubblico che denuncia l'illecito. Tra le novità la disciplina dell’incandidabilità dei condannati, la configurazione di nuovi reati come il traffico di influenze illecite e la ridefinizione del reato di concussione secondo le indicazioni dell’Europa che sollecitava una modifica per armonizzarla con gli altri paesi europei.
Il responsabile anticorruzione nella Pubblica amministrazione
Una delle norme del Ddl prevede che ogni amministrazione ha l’obbligo di adottare e aggiornare i propri piani anticorruzione entro il 31 dicembre di ogni anno e sarà nominato un “responsabile della prevenzione della corruzione” che avrà l’obbligo, sotto la propria responsabilità,di predisporre il pieno che deve individuare le aree esposte a rischio corruzione, il livello di esposizione e gli eventuali interventi di prevenzione. Il responsabile anticorruzione dovrà anche verificare l’attuazione del piano e, d’intesa con il dirigente competente, attuare la rotazione degli incarichi negli uffici in cui il rischio è più elevato. Questa nuova figura sarà un dirigente di prima fascia che, negli enti locali deve essere, di norma, il segretario comunale o provinciale. Il prefetto potrà fornire, ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione negli enti locali, supporto tecnico e informativo. Particolare attenzione è dedicata alla formazione: presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, si organizzeranno percorsi di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali sui temi dell’etica e della legalità. Certo non sarà facile stabilire il limite tra l’attività illecita prevista dal Ddl approvato, la cosiddetta “raccomandazione”, con l’attività di lobbying (propria del mondo anglosassone e perfettamente lecita) cioè gruppo di pressione o d'interesse che agisce in modo da influenzare le decisioni dei legislatori, gli atti del governo o degli enti di controllo. Su questo punto il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha assicurato che “il governo si è impegnato con un ordine del giorno per definire quale sia l’attività lecita di lobbying e cosa sia invece il traffico di influenze”. Il ministro ha ribadito che una cosa è il lobbista, una cosa è chi percepisce “un indebito pagamento per una indebita influenza”. Sulla questione naturalmente ci sono opposte visioni e prese di posizioni: da un lato gli avvocati penalisti, che criticano aspramente soprattutto il ricorso alle deleghe al governo in materia di definizione dei reati a seguito dei quali la persona condannata non potrebbe non essere più candidabile, dall’altro i magistrati che ritengono di non poter efficacemente utilizzare tutti gli strumenti investigativi come le intercettazioni, perché le pene troppo basse, sotto i 5 anni, non lo consentono. (Vedere le interviste al presidente delle Camere penali, Valerio Spigarelli e al sostituto procuratore di Roma, Barbara Sargenti).
Il dirigente che sbaglia paga in prima persona e le amministrazioni dovranno pubblicare on line bilanci e conti consuntivi.
Il responsabile può essere chiamato a rispondere per danno erariale e per danno all’immagine della pubblica amministrazione in caso di commissione, all’interno dell’amministrazione in cui opera, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato.
Le amministrazioni sono obbligate a pubblicare sui propri siti istituzionali anche i bilanci e i conti consuntivi, oltre i costi di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi. Il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo per il riordino e l’ampliamento degli obblighi di trasparenza e di pubblicazione dei dati in possesso della pubbliche amministrazioni, anche relativi ad incarichi dirigenziali, sui relativi siti istituzionali. Ma avrà anche il compito di stilare un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico. Altra novità: coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per reati contro la pubblica amministrazione non possono fare parte di commissioni giudicatrici, né essere assegnati agli uffici che gestiscono risorse finanziarie e non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente negli appalti pubblici.
Il Governo è inoltre delegato ad adottare uno o più decreti legislativi al fine di predisporre una dettagliata disciplina dei casi di non conferibilità degli incarichi dirigenziali. Su questo punto però ci sono numerose polemiche anche da parte degli avvocati penalisti che giudicano troppo generica e anticostituzionale la delega al governo. In particolare sarebbero esclusi dalla competizione elettorale anche coloro i quali sono stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati contro la pubblica amministrazione.
Whisterblowing: dal mondo anglosassone chi denuncia può ottenere l’anonimato
E’ garantito l’anonimato a chi segnala illeciti nella Pubblica Amministrazione: l’identità di chi segnala illeciti non può essere mai rilevata nell’ambito del procedimento disciplinare, quando l’addebito sia fondato su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. L’intervento normativo nel settore dei reati contro la Pubblica amministrazione e dei reati societari si muove nella direzione di rafforzare l’efficacia e l’effettività delle misure di contrasto al fenomeno corruttivo, puntando ad uniformare l’ordinamento, alla luce della nostra tradizione giuridica, alle indicazioni provenienti da strumenti sovranazionali di contrasto alla corruzione già ratificati dal nostro Paese (Convezione Onu di Merida) o in corso di ratifica (Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo). Il Ddl anticorruzione recepisce alcune raccomandazioni formulate all’Italia dai gruppi di lavoro in seno all’OCSE e al Consiglio d’Europa che monitorano la conformità agli standards internazionali della normativa interna di contrasto alla corruzione.
Concussione: aumentano le pene per il dipendente pubblico ma viene punito anche il privato per indebita induzione
Viene ridefinito il reato di concussione (articolo 317c.p.) che diventa riferibile al solo pubblico ufficiale (e non più anche all'incaricato di pubblico servizio) e da cui è espunta la fattispecie per induzione; è previsto un aumento del minimo edittale, portato da quattro a sei anni di reclusione. Si interviene pertanto sull’art. 317 c.p. per limitarlo alla sola ipotesi in cui la condotta concussiva abbia determinato un effetto di costrizione nei confronti del privato da parte del pubblico ufficiale. La pena minima, in questo caso, è aumentata dagli attuali 4 anni a 6, rimanendo invariata la misura massima (12 anni). Le condotte di induzione oggi previste dall’art. 317 c.p. sono fatte confluire in una fattispecie denominata Indebita induzione a dare o promettere denaro o altra utilità (319 quater c.p.). In questo caso i soggetti attivi sono tanto il pubblico ufficiale quanto l’incaricato di pubblico servizio e la punibilità, oltre che per costoro (da un minimo di tre a un massimo do otto anni) è prevista anche per il privato che, non essendo costretto ma semplicemente indotto alla promessa o dazione, mantiene un margine di scelta criminale che giustifica una, sia pur limitata, pena (fino a tre anni).
Traffico di influenze illecite e corruzione privata
Gli interventi normativi riguardano la sostituzione dell’attuale art. 318 c.p. relativo alla corruzione per atto conforme ai doveri d’ufficio con la nuova fattispecie di Corruzione per l’esercizio della funzione (pena da un minimo di 1 a un massimo di 5 anni) in grado di offrire copertura normativa sia alle ipotesi sopra menzionate, sia ai casi di corruzione relativa all’esercizio della funzione. Si prevedono poi aumenti di pena per i reati di corruzione in atti giudiziari (la pena prevista per l’ipotesi base passa da 3/8 anni a 4/10, mentre per la forma aggravata di cui al II comma dell’art. 319 ter si aumenta la pena minima da quattro a cinque anni), di corruzione propria ( da 4 a 8 anni rispetto agli attuali 2/5), di peculato (la pena minima passa da 3 a 4) e di abuso di ufficio (dagli attuali 6 mesi ad un massimo di 3 anni si passa da 1 a 4 anni). Per la corruzione si procede d’ufficio (non più solo su querela di parte) e si prevede la riferibilità della dazione o promessa di denaro o altra utilità non solo ai soggetti attivi ma anche a terzi. Il sistema anticorruzione è completato dall’introduzione nel codice del delitto di Traffico di influenze illecite previsto dall’art. 346 bis c.p (da uno a tre anni di pena). Si intende così realizzare una tutela anticipata dei beni del buon andamento e dell’imparzialità della Pubblica amministrazione, andando a sanzionare comportamenti eventualmente prodromici all’accordo corruttivo. La previsione contempla, in linea con le indicazioni sovranazionali, la punibilità tanto di chi si fa dare o promettere denaro o altra utilità, quanto di chi versa o promette.
La strategia di contrasto al fenomeno corruttivo è attuata attraverso un rafforzamento dell’attuale risposta penale rispetto a dazioni illecite nel settore privato. L’obiettivo è realizzato attraverso una revisione dell’attuale art. 2635 c.c. di Corruzione privata (pena da uno a tre anni). Le modifiche incidono anzitutto sulla platea degli autori, includendo tra i soggetti attivi accanto ad amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori, coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi.
Attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di infliltrazione mafiosa
L'articolo 6 del Ddl individua – fino all'entrata in vigore dell'apposito regolamento ministeriale previsto dal Codice antimafia (Dlgs 159/2011) – le attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa. Per queste, al di là del valore del contratto, verrà sempre richiesta l'informazione antimafia. Sulla base di quanto stabilito dall’art. 6. diventa obbligatorio segnalare al prefetto, ai fini dei controlli antimafia, sia l'affidamento a terzi delle attività comprese tra quelle individuate come a rischio d'infiltrazione sia le variazioni degli assetti proprietari delle stesse imprese. Le variazioni devono essere comunicate entro 30 giorni. La violazione di questo obbligo è punita, con la sanzione amministrativa pecuniaria da 20mila euro a 60mila euro.