di Carla Toffoletti
E’ stata condotta e chiusa in tempi record, due mesi e 19 giorni, l'inchiesta sul rogo divampato nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 all'acciaieria ThyssenKrupp di Torino, dove una fiamma generata da una fuoriuscita di olio bollente ha provocato la morte di sette operai. Il processo ora approda in Corte d'Assise d'Appello di Torino: la prima udienza è stata fissata per il 15 gennaio del 2009. Il Gup infatti ha accolto la richiesta della Pubblica accusa. Il reato più grave che viene contestato ai vertici della Thyssen è quello di omicidio volontario con dolo eventuale. “Si tratta di una sentenza storica” - ha detto Raffaele Guariniello, Pubblica accusa, – “E’un segnale a tutto il mondo del lavoro che si aspetta la fine delle morti bianche”. Lo abbiamo intervistato.
Procuratore, lei ha detto che la costituzione di una superprocura nazionale sugli infortuni sul lavoro è una strada obbligata. Perché?
Purtroppo gli infortuni sul lavoro e anche le malattie professionali, continuano a verificarsi .Non si riesce ad arginare il fenomeno. Abbiamo una situazione che preoccupa un po’ tutti. Ci siamo resi conto che non è un problema di norme, perché di norme ne abbiamo fatte tante. E’ un problema di applicazione concreta delle norme , che è indispensabile sotto vari punti di vista. C’è un problema di organi di vigilanza, di pubblica amministrazione, ma anche di intervento della magistratura. Oggi la magistratura non riesce a fare un intervento decisivo in tutto il Paese. Abbiamo zone in cui i processi sulla sicurezza sul lavoro non si fanno, o si fanno con troppa lentezza fino ad arrivare alla prescrizione del reato.. Questo determina il dilagare di un senso di impunità. Bisogna pensare a strade nuove. Una strada nuova è quella di creare un organizzazione giudiziaria che possa intervenire con efficacia e rapidità. Questo tipo di intervento non può essere fatto da tutte le procure del nostro Paese. Alcune procure piccole non sono in grado di dedicarsi alle indagini sulla sicurezza ,del lavoro perché i magistrati spesso sono oberati da troppi processi. Bisogna pensare ad una organizzazione nuova in grado di mettere in atto una metodologia d’indagine molto più penetrante e identica in tutti i casi che si presentano. Questo oggi non avviene. Noi possiamo continuare a gridare allo scandalo per queste morti bianche, ma se non affrontiamo di petto il problema e non ci inventiamo soluzioni organizzative nuove non ne usciamo.
Lei pensa sia sufficiente una procura nazionale che si occupi solo di infortuni sul lavoro per arginare il problema?
No! Ci sono altre strade, tra cui quella della riorganizzazione dell’ attività di vigilanza da parte delle Asl e degli Ispettori del lavoro. Gli ispettori devono essere più numerosi e più preparati di quanto non succede ora.. Quindi, da una parte l’intervento dell’attività giudiziaria, dall’altra l’intervento degli organi di vigilanza. Quando noi avremo interventi realmente efficaci si potrà iniziare a parlare più seriamente di cultura della sicurezza. La cultura della sicurezza è certamente indispensabile,occorre la formazione e l’informazione, ma non si può risolvere tutto con gli slogan. La cultura della sicurezza deve essere una chiave di volta del sistema ma deve procedere di pari passo a un’organizzazione degli interventi di vigilanza e degli interventi giudiziari più incalzanti e più incisivi.
In che senso il processo Thyssen è unico?
La grande novità non sta nella norma , perché la norma che contempla l’omicidio volontario con dolo eventuale, esiste nel nostro Codice Penale dal 1930. Non è una norma nuova. E’ l’applicazione concreta di questa norma in materia di sicurezza sul lavoro che è un fatto nuovo. E questo è stato reso possibile da una metodologia d’indagine che ha consentito di intervenire con rapidità e di scoprire fatti che sarebbero rimasti nascosti, e che sono proprio quelli che dimostrano , a giudizio dell’accusa,( giudizio condiviso anche dal giudice dell’udienza preliminare ),l’esistenza del dolo eventuale e quindi la rappresentazione del rischio del verificarsi di infortuni e l’accettazione di questo rischio. Spetterà adesso a un giudice che finora non era mai stato chiamato in causa, la Corte d’Assise, valutare la fondatezza di questa impostazione accusatoria. Il fatto nuovo è proprio rappresentato scenicamente dal fatto che questo processo non si fa davanti a un tribunale, ma davanti a una Corte d’Assise, quindi alla presenza non solo di giudici togati ma anche di una giuria popolare.
Sarà facilmente dimostrabile l'accusa di omicidio volontario con dolo?
Noi riteniamo che ci siano i fatti che dimostrano la fondatezza di questa accusa . L’abbiamo sostenuto nell’udienza preliminare e il Gup ha condiviso queste accuse. Abbiamo acquisito documenti importanti.La difesa a sua volta ritiene che non sussista questo dolo eventuale . Di fronte a queste due impostazioni ci sarà una Corte d’Assise che prenderà la sua decisione. Sul tema della sicurezza del lavoro noi stiamo acquisendo in Italia una consapevolezza che non c’era mai stata. Si deve dire grazie ai richiami fatti in sedi autorevoli. La Presidenza della Repubblica ci ricorda continuamente questo impegno. Il nostro dovere è quello di tradurre questi richiami in azioni concrete . Si sente ormai la stanchezza delle parole e si sente la necessità di fatti.