Un venerdi' cominciato con il fuoco della rabbia dei lavoratori in assemblea, sfociata in una serie di blocchi stradali che hanno quasi completamente isolato la citta' e nell'occupazione simbolica del municipio di Taranto, e conclusosi con una sorta di tregua.
Lo sciopero ad oltranza dei lavoratori dell'Ilva, scattato dopo il sequestro dell'area a caldo disposto dalla magistratura insieme all'arresto di otto tra dirigenti ed ex dirigenti del Siderurgico, si conclude. Si tornera' a lavorare nello stabilimento fino a giovedì 2 agosto, quando ci sarà una nuova manifestazione pubblica. Il giorno dopo si terra' l'udienza del Tribunale del Riesame sui ricorsi presentati dall'Ilva contro il sequestro e dai difensori degli arrestati. Intanto, un segnale e' giunto dal governo, con il ministro dell'ambiente Corrado Clini che ha espresso la convinzione che l'Ilva ''possa possa continuare a produrre acciaio e rapidamente allinearsi agli standard e le indicazioni dell'Ue in 4 anni".
"NON C'ERA ALTERNATIVA" - "E' un provvedimento estremamente sofferto e la sofferenza si coglie in ogni rigo". Lo ha detto il procuratore generale di Lecce, Giuseppe Vignola, illustrando in una conferenza stampa a Taranto il decreto di sequestro di sei impianti dell'area a caldo dell'Ilva e quello di arresto di otto persone. "Il lavoro dei periti è stato ineccepibile: non c'era altra strada se non il sequestro, non c'era possibilità di adottare altri provvedimenti". Ha sottolineato il pg di Lecce. L'Ilva "mentre di giorno rispettava le prescrizioni imposte, di notte le violava", e questo "è confermato da rilievi fotografici eseguiti per 40 giorni nel corso dell'inchiesta". Vignola ha aggiunto che "l'azienda non può fare una 'imbiancata' o interventi di facciata".
VERTICI ILVA: NON LASCEREMO TARANTO
''Se c'e' una minima disponibilita' al dialogo e al confronto, l'Ilva non si sottrarra''' ha replicato nel tardo pomeriggio il presidente dell'Ilva, Bruno Ferrante, in una conferenza stampa anomala e caratterizzata da momenti di tensione per la presenza imprevista, anche dagli organizzatori, di un gruppo di lavoratori, ai quali si sono mescolati esponenti dei Centri sociali. Ferrante ha parlato di ''provvedimento duro e pesante per l'azienda'', riferendosi alle decisioni del gip. ''Rispettiamo il ruolo della magistratura - ha aggiunto - ma abbiamo pieno diritto a tutelarci nelle sedi che la legge prevede. Questo per tutelare lavoratori e impresa''. Poi si e' rivolto alle maestranze: ''Il gruppo Riva non ha alcuna intenzione di lasciare Taranto''.
3/8 TRIBUNALE RIESAME SU SEQUESTRO E ARRESTI - E' stata fissata per il 3 agosto prossimo la discussione dinanzi al tribunale del Riesame di Taranto del ricorso presentato dall'Ilva contro il sequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento e le misure cautelari nei confronti degli 8 indagati (tra dirigenti ed ex dirigenti) da ieri agli arresti domiciliari.
FEDERACCIAI, DA TARANTO CONSEGUENZE DRAMMATICHE - "Colpire Taranto significa colpire duramente la filiera, con conseguenze economiche e sociali drammatiche". Così Federacciai che chiede al Governo "ogni passo possibile per la riapertura dello stabilimento", avvisando che si pone 'brutalmente' il tema della permanenza in Italia di "interi settori industriali".
LAVORATORI: A TARANTO NON C'E' FUTURO SENZA AZIENDA - "In Italia le bonifiche non vengono fatte da oltre 12 anni e a Taranto da 50 anni. E' giusto che Taranto sia risanata, ma è giusto anche che l'Ilva continui a produrre. Non c'è futuro senza questa fabbrica". E' lo sfogo di uno dei lavoratori dell'Ilva che stanno scioperando per il sequestro degli impianti dell'area a caldo e manifestando con numerosi blocchi stradali. "Siamo tutti qui - commenta un altro operaio - a testimoniare la nostra disperazione. Se l'Ilva chiude come faremo, come daremo da mangiare alle nostre famiglie? Siamo ingegneri, tecnici, operai: non c'è distinzione di figure professionali. Siamo tutti nella stessa situazione. Se per loro mandare per strada tutte queste persone è una cosa giusta, io non lo so". Molti lavoratori non sono tornati a casa e la notte scorsa hanno dormito per strada. "Il posto di lavoro è la prima cosa, ma si possono conciliare occupazione, ambiente e diritto alla salute, dice un altro manifestante. E un suo collega aggiunge: "Siamo indignati. Pensiamo che non sia corretto quello che sta avvenendo in questo momento verso i lavoratori, verso un'azienda che nel corso degli anni ha fatto passi da gigante rispetto a quella che era la gestione precedente".