Evitarsi a tutti costi, con ogni mezzo più o meno lecito. E soprattutto impedire a chiunque, con tecniche esplicite o subliminali, di occupare il posto di fianco. Nell'esercito dei pendolari che ogni mattina salgono su treni e bus per raggiungere il posto di lavoro, non ce n'è uno che non conosca e rispetti questa regola aurea.
E che, negli anni, non abbia perfezionato l'unica strategia per uscire mentalmente indenni dal viaggio su un mezzo di trasporto affollato: stare larghi, scoraggiare chi si avvicina e troncare sul nascere qualunque possibilità di contatto con l'altro.
Un codice non scritto che ora è finito nel mirino della scienza, grazie all'impresa di una sociologa dell'università di Yale. Per studiare vizi e virtù dei pendolari, la ricercatrice ha speso 3 anni a viaggiare in autobus in lungo e in largo negli States, percorrendo migliaia di miglia.
La sua prima 'trasferta' è andata dal Connecticut al New Mexico, 2 giorni e 17 ore in tutto. Successivamente si è spostata dalla California all'Illinois, dal Colorado a New York, dal Texas al Nevada. Lei si chiama Esther Kim e le sue conclusioni sono pubblicate sulla rivista 'Symbolic Interaction'.
Per prima cosa, quella che per i pendolari non è né più né meno di una pura tecnica di sopravvivenza, in realtà ha un nome scientifico: "Comportamento asociale transitorio", lo chiama Kim. E' il risultato, spiega, dell'accumulo di "una lunga serie di frustrazioni legate al dover dividere a lungo spazi pubblici di ridotte dimensioni", costretti alla convivenza coatta con persone quasi sempre estranee, che nella migliore delle ipotesi suscitano indifferenza e nella peggiore fastidio.
E così, per tenerle lontane vale tutto: trafficare artificiosamente con computer, tablet e telefonini; far finta di dormire; accatastare di tutto sul sedile di fianco, addirittura simulare la follia osservando il vuoto con sguardo alienato. I fattori che trasformano l'aspirante compagno di viaggio in un nemico da respingere, precisa Kim, solitamente non dipendono affatto da questioni etniche o di genere.
L'obiettivo confessato dai passeggeri alla ricercatrice americana è semplicemente "evitare il matto". "Uno - racconta la studiosa - mi ha spiegato che lo scopo finale era portare a termine il viaggio", uscirne sani e salvi. "Mi ha anche detto che avrei dovuto evitare le persone grasse, perché sudano di più e rischiano di avere un cattivo odore".
Un'insofferenza malcelata che si traduce in una "calcolata azione" anti-sociale, che a sua volta "rientra più in generale nella cultura dell'isolamento sociale negli spazi pubblici", interpreta l'esperta. Ma crearsi il deserto attorno quando il bus o il treno sono strapieni e i posti liberi si contano su una mano è un lavoro duro, osserva Kim.
Uno stress nello stress, che richiede sforzo e una lunga specializzazione 'sul campo', per guadagnarsi una sapienza che i più generosi tentano di trasmettere ai nuovi arrivati.
Ecco tutti i consigli che la sociologa ha raccolto dai viaggiatori più navigati:
1) Evitare lo sguardo delle altre persone;
2) Schiacciarsi contro il finestrino e stendere le gambe 'a barriera';
3) Piazzare una maxi-borsa sul sedile libero al proprio fianco;
4) Occupare il posto corridoio e mettersi le cuffiette fingendo di non sentire chi vorrebbe sedersi al posto finestrino;
5) Sistemare il maggior numero possibile di oggetti sul sedile vuoto, in modo da scoraggiare chi vorrebbe occuparlo e ha fretta di sedersi;
6) Guardare fuori dal finestrino con occhi vacui "da pazzo";
7) Far finta di dormire;
8) Mettere il cappotto sul sedile di fianco per far credere che non sia libero;
9) In casi disperati mentire: se tutti i trucchi precedenti falliscono, negare l'evidenza e dire che il sedile vuoto è già occupato.