“Tutti piangevano: uomini di stato generalmente imperturbabili, esponenti politici divisi da ideologie e rivalità e centinaia di migliaia di gente comune'': racconta così l’assassinio del Mahatma Gandhi un giornalista indiano che ne fu testimone. Il cronista, Sailen Chattarjee, era stato incaricato dall'agenzia locale 'UPI' di seguire le attività del padre dell'indipendenza indiana conquistata dalla Gran Bretagna nel 1947.
Il 30 gennaio 1948, ricorda Chattarjee, il Mahatma giunse con una decina di minuti di ritardo a una preghiera comune cui era solito partecipare alle 17 nei giardini della Birla House a New Delhi.
Dalla proclamazione dell'indipendenza, il 15 agosto dell'anno precedente, Gandhi era stato impegnato in digiuni e missioni di pace per frenare i sanguinosi scontri fra indù e musulmani seguiti alla divisione del subcontinente e alla formazione del Pakistan.
Mentre stava per raggiungere lo spiazzo, un giovane alto in abiti color khaki balzò fuori dalla folla riunita pacificamente per partecipare alla preghiera e si pose sul cammino del Mahatma, sparò a bruciapelo tre colpi in rapida successione. Gandhi cadde al suolo: le utlime parole dalle sue labbra tremanti furono 'Hey Ram, Hey Ram' (oh Dio, oh Dio).
Il giovane era un fanatico del partito indu Mahasabha, ostile ai gesti di riconciliazione verso i musulmani: si chiamava Nathuram Godse e fu in seguito impiccato.
Mohandas Karamchand Gandhi era nato il 2 ottobre 1869 in una città di pescatori nell'attuale Stato di Gujarat, in India. Dopo aver studiato nelle università di Ahmrdabad e Londra ed essersi laureato in giurisprudenza, esercita brevemente l'avvocatura a Bombay. Nel 1983 ottiene l’incarico di consulente legale per una ditta indiana in Sudafrica.
Rimane in quel Paese per ventuno anni, qui viene in contatto con una realtà terribile: migliaia di immigrati indiani sono vittime della segregazione razziale. L'indignazione per le discriminazioni razziali subite dai suoi connazionali (e da lui stesso) da parte delle autorità britanniche, lo spingono all'impegno politico.
Gandhi teorizza e poi mette in pratica il metodo del “Satyagraha”, la resistenza all'oppressione tramite la disobbedienza civile di massa che ha portato l'India all'indipendenza. Le sue azioni hanno ispirato successivamente molti movimenti di difesa dei diritti civili e grandi personalità come Martin Luther King, Nelson Mandela e Aung San Suu Kyi.
Torna in India nel 1915, dove già da tempo circolavano fermenti di ribellione contro il dominio britannico, in particolare per la nuova legislazione agraria, che prevedeva il sequestro delle terre ai contadini in caso di scarso o mancato raccolto, e per la crisi dell'artigianato. Gandhi diventa il leader del Partito del Congresso, partito che si batte per la liberazione dal colonialismo britannico.
Nel 1919 inizia la prima grande campagna di disobbedienza civile, che prevede il boicottaggio delle merci inglesi e il non pagamento delle imposte. Il Mahatma subisce un processo ed è arrestato. Viene tenuto in carcere pochi mesi, ma una volta uscito riprende la sua battaglia. Nuovamente incarcerato e poi rilasciato, Gandhi partecipa alla Conferenza di Londra sul problema indiano, chiedendo l'indipendenza del suo paese.
La terza campagna di resistenza si svolge nel 1930. Gandhi organizza la marcia del sale: disobbedienza contro la tassa sul sale, la più iniqua perché colpiva soprattutto le classi povere. La campagna si allarga con il boicottaggio dei tessuti provenienti dall'estero. Gli inglesi arrestano Gandhi, sua moglie e altre 50mila persone. Spesso incarcerato anche negli anni successivi, la "Grande Anima" risponde agli arresti con lunghissimi scioperi della fame (importante è quello che egli intraprende per richiamare l'attenzione sul problema della condizione degli intoccabili, la casta più bassa della società indiana).
All'inizio della Seconda Guerra Mondiale Gandhi decide di non sostenere l'Inghilterra se questa non garantirà all'India l'indipendenza. Il governo britannico reagisce con l'arresto di oltre 60mila oppositori e dello stesso Mahatma, che è rilasciato dopo due anni. Il 15 agosto 1947 l'India conquista l'indipendenza.
Il 30 gennaio nella storia
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