Difesa europea


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Il test positivo di 'Multilayer 2012'

Mezzi militari, politici, economici e informativi contro ipotetiche crisi esercitazione_europea1_296

di Nello Rega
(n.rega@rai.it

Per niente qualcosa di avveniristico. Anzi. La difesa europea, che da anni sta affinando le sue interazioni e la capacità di risposta a ipotetiche crisi, sta navigando sempre di più in “acque calme e ben conosciute”. L’ultimo test, in ordine di tempo, è l’esercitazione “Multilayer 2012”, nello scenario di Brindisi. Militari di Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Irlanda, Olanda e Regno Unite si confrontano sotto il Comando della Divisione “Acqui” di San Giorgio a Cremano (Napoli), nella quale sono confluiti 325 militari delle quattro Forze armate italiane (Esercito, Marina, Aeronautica, Arma dei carabinieri).

“L’esercitazione, dei cui risultati sono orgoglioso come militare e come italiano, ha voluto provare ancora una volta l’interazione tra la componente militare e quella civile della Ue per fronteggiare possibili scenari di crisi internazionale”, ha commentato il comandante della Acqui, generale Roberto D’Alessandro, non nascondendo il valore innovativo di “Multilayer 2012”. Un’esperienza che ha messo a confronto un gruppo misto di pianificazione composto da esperti militari, funzionari e dirigenti del ministero degli Esteri e dell’Interno. Grazie ai moderni sistemi di telecomunicazione utilizzati, che riportano alla mente scenari da film di fantascienza di qualche anno fa, tutte le fasi della pianificazione di un probabile intervento per fronteggiare e risolvere una crisi avvengono congiuntamente con i punti di rilevamento europeo di Bruxelles e Potsdam.

Lo scopo cardine di “Multilayer 2012” è la messa a punto di una metodologia con la quale si concepiscono, pianificano e conducono campagne in situazioni nelle quali gli sforzi di singole organizzazioni e agenzie (nazionali e internazionali) coinvolte nel processo vengono integrate e sincronizzate per permettere il raggiungimento di un obiettivo. In un ipotetico conflitto armato, che mette in pericolo il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, sono molti e diversi gli eventi che possono turbare le relazioni tra gli Stati. Da qui la sinergie tra più forze all’interno dell’Europa. Già sperimentate in precedenti esercitazioni, la capacità di risposta della difesa europea a scenari di guerra ha inglobato i piani di salvataggio per le popolazioni in fuga, l’assistenza di civili e l’eventuale necessità di veicolare l’informazione nel modo più obiettivo possibile, contrastando la cosiddetta “controinformazione” che caratterizza ogni conflitto.

“Questa esercitazione è un test importantissimo per il suo profilo innovativo, che permetterà di mettere a punto tutte le forze per reagire ad una ipotetica crisi. Componenti civili e militari stanno lavorando insieme, in Multilayer, perché oggi non si può immaginare uno scenario senza l’interscambio e la coabitazione di strumenti diversi ma uniti nello stesso scopo”, ha detto Agostino Miozzo, direttore generale del Crisis Responce Department dell’European External Action Service dell’Unione europea. Programmi di soccorso e di emergenza che sempre più si fondono all’attività militare. Le esperienze in Kosovo, Iraq, Afghanistan, Libano parlano chiaro. Vincere il nemico sul campo significa anche, e soprattutto, adottare attività di sostegno alle popolazioni. Costruzione di strade, aeroporti, scuole, messa in opera di pompe di sollevamento di acqua, distribuzione di aiuti umanitari sono stati essenziali nelle aree a rischio di Balcani e Medioriente. Aree nelle quali dopo aver rovesciato regimi dittatoriali, le popolazioni si sono trovate a fare i conti con una quotidianità fatta di “sopravvivenza”. Ed è questo il ruolo, svolto ovunque, del Cimic, ovvero “Civil military cooperation”, una sorta di protezione civile (ma svolta dai militari) che ha il compito di lavorare per l’educazione scolastica, la sanità, i trasporti, la ricostruzione dell’economia, la stabilità giuridica.

“La difesa europea si sta costruendo giorno dopo giorno. Non si può avere, in questi casi, la bacchetta magica. Quello che oggi si sta mettendo a punto è qualcosa che prima era impensabile. Eserciti e Stati che fino a 60-70 anni fa si sono duramente affrontati sul campo, oggi sperimentano l’unità per un unico fine: intervenire per risolvere crisi internazionali che metterebbero a dura prova la pace e la sicurezza internazionale. L’Italia, nonostante la crisi economica, sta facendo tantissimo in questo campo. Da italiano sono fiero per l’attività che il mio Paese sta svolgendo nel campo della difesa europea e della interazione con altre realtà dei 27”, aggiunge Miotto, sottolineando che è inimmaginabile un intervento europeo se non in ambito Onu o Nato.

“Gli scenari internazionali, e lo dimostrano gli scorsi decenni, sono cambiati e non poco. Pensare alla difesa solo in termini nazionali è qualcosa di poco realistico. Si impone una cooperazione militare sempre più razionalizzata e vincente: se l’Italia vuole operare alla pari e al fianco dei suoi partner Ue e Nato, deve disporre di sistemi integrabili e ad alta tecnologia che presuppongono forti costi anche a fronte di una riduzione delle risorse disponibili per la crisi economica nella quale oggi viviamo”. Così il comandante del Coi, ovvero il Comando operativo di vertice interforze generale Marco Bertolini descrive i nuovi scenari della difesa.

“Il quadro geostrategico si muove tra discontinuità e incertezze e registra probabili nuove minacce sullo scenario internazionale imprevedibili e asimmetriche ma non per questo meno pericolose. Allora, lo strumento militare deve essere ripensato non più in relazione a minacce specifiche, essendo cruciale la caratteristica della flessibilità in termini di capacità e proiettabilità delle Forze Armate. Il contesto Euro-Atlantico nel quale l’Italia è inserita a pieno titolo richiede un impegno congiunto e coerente de vari Paesi per ridefinire la capacità dello strumento militare nel nuovo quadro strategico, approvato anche dall’Italia.L’Italia fa un investimento sulla nostra sicurezza. E’ chiaro che davanti alle difficoltà economiche anche gli investimenti vanno guardati con attenzione e mantenere determinate capacità operative del nostro strumento militare è fondamentale”.

Eloquenti i dati citati dal comandante del 2° Comando delle Forze di Difesa, generale Vincenzo Lops: “Il numero dei militari italiani impegnati all’estero è sceso da 9.250 del primo semestre 2011 a circa 8.150 del 30 settembre 2011, per raggiungere circa 6.500 uomini il 31 dicembre del 2011, numero che verrà mantenuto come media per il 2012. Per quel che riguarda l'impegno dell’Esercito sul territorio nazionale con compiti di sostegno all'attività' di ordine pubblico, il Governo ci chiama a concorrere là dove necessario. Attualmente è in atto l’operazione ‘Strade Sicure’. L'operazione è stata voluta per vigilare le principali città, nei quartieri considerati a più rischio, in concorso alle forze dell’ordine”.

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