Cubani alle urne, aspettando le riforme


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AAA democrazia caraibica cercasi

Con vecchie regole si eleggono le nuove Assemblee cuba_castro_296

di Rodolfo Fellini
(r.fellini@rai.it)

Per la seconda domenica consecutiva, i cubani sono chiamati alle urne per completare il processo elettorale iniziato il 21 ottobre. In palio ci sono gli ultimi posti da delegato nelle “Assemblee comunali del potere popolare”, nei collegi in cui nessun candidato ha ottenuto il 50% più uno dei voti. I delegati rimangono in carica per due anni e mezzo nei quali formano un consiglio comunale che detiene il potere esecutivo e applica sul piano locale le leggi e decisioni prese all’Avana dal governo e il Parlamento. Per due volte all’anno, il consiglio comunale deve rendere conto del proprio operato alle assemblee locali, che si svolgono nelle piazze e richiamano migliaia di cittadini. Secondo alcuni oppositori in esilio, i delegati delle Assemblee comunali non hanno reali prerogative, se non quelle di costituire un “argine” tra chi detiene il potere e i reali bisogni dei cittadini.

Dittatura o democrazia dal basso?
Ancora una volta, i candidati alle Assemblee comunali sono stati espressi dai consigli rionali o territoriali. Chiunque lo desideri può autocandidarsi, oppure proporre una personalità e illustrarne il programma. I convenuti procedono poi al voto per semplice alzata di mano. Alle candidature spontanee o suggerite dai cittadini, si affiancano quelle formalizzate dai sindacati e dalle associazioni studentesche o femminili. La campagna elettorale non esiste: l’unica propaganda ammessa è costituita dall’affissione in luoghi di grande affluenza di pubblico dei manifesti con la lista dei candidati, con le relative biografia e fotografia. Questo, sostiene il regime, per garantire pari opportunità a tutti i candidati. Il partito comunista, come stabilito dal referendum costituzionale del 1976, è l’unica formazione politica ammessa. Formalmente, esso non propone candidature né prende parte in alcun modo al processo elettorale. Al primo turno delle elezioni per le Assemblee comunali, sono già stati eletti 13.127 delegati; il totale da raggiungere è 14.537. Alle urne si è recato il 91,9% degli aventi diritto, una percentuale in linea con le ultime tornate. Il voto a Cuba non è obbligatorio, ed è aperto a tutti i cittadini di età superiore ai 16 anni. Il regime sostiene che l’alta affluenza dimostra il buon funzionamento del meccanismo partecipativo, una “democrazia dal basso” oliata ed efficiente. Per gli oppositori, ogni elezione è una farsa, poiché, al di là dell’assoluta mancanza di pluralismo, nel Paese non esiste un organo preposto a garantire la regolarità degli scrutini: basti pensare che, a sorvegliare i seggi, ci sono gli scolari delle elementari in divisa.

Riforme all’ombra di un fratello ingombrante
Non è stata ancora stabilita la data delle elezioni provinciali e di quelle dei futuri membri della “Assemblea nazionale del potere popolare”, ovvero il Parlamento. Poiché il mandato è di 5 anni e le ultime elezioni risalgono al gennaio 2008, si dovrebbe tornare alle urne all’inizio del prossimo anno. I deputati, una volta eletti, nomineranno il governo, o Consiglio di Stato, che in ultima analisi è il vero detentore del potere legislativo ed esecutivo nell’isola. Oggi, il governo conta 27 membri, il suo presidente è automaticamente capo dello Stato. A partire dalla prossima tornata, come stabilito l’anno scorso dal Congresso del Partito comunista, non potranno ricandidarsi i deputati che abbiano già compiuto due mandati. Questa sarà l’unica novità politica in un quadro rimasto sostanzialmente invariato per mezzo secolo. Eppure le premesse per qualche cambiamento di rotta non sembrano mancare. Dal 2008, quando Fidel Castro, malato, ha ceduto lo scettro del potere al fratello Raul, il partito unico ha messo in cantiere più di 300 riforme politiche, sociali ed economiche, che lentamente cominciano ad incidere sulla vita dei cubani. L’ultima, annunciata due settimane fa, consiste nell’abolizione della richiesta di un permesso per uscire dall’isola, che le autorità potevano concedere o negare a loro discrezione e senza dover fornire spiegazioni. Dal prossimo 13 gennaio, i cubani che vogliano recarsi all’estero dovranno soltanto munirsi del passaporto e dell’eventuale visto richiesto dal Paese di destinazione. Resteranno tuttavia in vigore alcune restrizioni per evitare “fughe di cervelli”. Ma già un anno fa, la liberalizzazione del mercato immobiliare e delle autovetture, così come l’assegnazione a contadini privati di migliaia di ettari di terreno in precedenza gestiti dallo Stato, erano stati notevoli passi in avanti sulla via delle liberalizzazioni. Il sistema economico comincia a cambiare, ma quello politico ancora no, complice forse la presenza tuttora ingombrante di Fidel. Il padre della rivoluzione cubana, oggi 86enne, è tornato a comparire in pubblico proprio in occasione del primo turno delle elezioni, sfidando le voci sulle sue condizioni di salute. “Anche se molte persone nel mondo si lasciano ingannare dagli organi di informazione, la maggior parte dei quali sono nelle mani di ricchi e privilegiati che pubblicano stupidaggini, le persone credono sempre meno in loro”, ha scritto al quotidiano ufficiale Granma, che alla lettera di Fidel ha abbinato una sua foto in camicia a quadri e cappello di paglia. La spinta riformista nella politica cubana è costretta a fare i conti con forti resistenze nella vecchia guardia comunista. E, nonostante già da un anno il “Lider maximo” abbia lasciato anche la guida del Partito, la partita del rinnovamento politico sembra davvero rinviata al giorno in cui uscirà definitivamente di scena.