Giovedì il Consiglio della Bce celebrerà il primo anno di Draghi alla guida dell'Eurotower. Lo farà, secondo le attese degli analisti, tenendo ancora fermi al minimo storico i tassi di riferimento. La decisione di politica monetaria sarà in linea con il percorso che Francoforte ha intrapreso con grande decisione: la difesa ad oltranza dell'Euro, nel pieno del mandato che i Trattati le attribuiscono.
Una scelta che Draghi ha ribadito e difeso in tutti i passaggi più difficili del suo primo anno di guida. "All'interno del proprio mandato, la Bce è pronta a fare qualunque cosa per preservare l'euro, e credetemi, questo basterà", scandisce il luglio 2012, a Londra, in piena fase acuta della crisi del debito dell'area Euro. E, in questa frase, c'è la sintesi migliore dell'azione che l'ex governatore di Bankitalia ha condiviso con il 'suo' Consiglio, con la sola opposizione dell'irriducibile rigorista, e Governatore della Bundesbank, Jens Weidmann.
C'è, in questa frase, il rispetto del ruolo istituzionale, con il riferimento ai limiti del proprio mandato che l'istituzione di Francoforte tiene sempre in primo piano. E c'è anche il contributo personale in termini di credibilità, indirizzato direttamente ai mercati e subito compreso come un impegno inequivocabile. Insieme, ci sono in quel messaggio le garanzie per il rigore invocato a più riprese dalla Germania e la determinazione a utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per sostenere e rendere inattaccabile il dogma, anche questo ribadito con grande fermezza da Draghi, che "l'Euro è irreversibile".
Del resto, tutte le mosse principali messe in campo dal numero uno della Bce vanno nella stessa direzione, la difesa della moneta unica attraverso una corretta trasmissione delle decisioni della politica monetaria. Un meccanismo che si è inceppato per una crisi di fiducia che si è tradotta in un deciso balzo degli spread, soprattutto per Spagna e Italia, non più coerenti con i fondamentali dei singoli paesi. Un trend che le scelte di Draghi, insieme all'impegno dei governi e alle decisioni concordate a Bruxelles, hanno contribuito ad arrestare.
Draghi si è mosso avendo come stella polare il punto di equilibrio fra rispetto dei Trattati, pragmatismo nel rapporto con i mercati, istanze nazionali e ruolo sovranazionale. Un equilibrio, spesso precario, cercato utilizzando tutti gli strumenti a disposizione: quelli tecnici, dalla leva dei tassi alle iniezioni di liquidità fino al piano di acquisto dei titoli di Stato; quelli diplomatici, dentro e fuori il Consiglio della Bce; quelli della comunicazione, istituzionale nel caso delle conferenze post Consiglio e personale, nelle rare ma decisive esternazioni extra protocollo.
Tentando una sintesi estrema, sono cinque i passaggi chiave del primo anno di Draghi alla Bce: il taglio dei tassi, al suo primo Consiglio due giorni dopo l'insediamento ufficiale a Francoforte; le due Ltro, le maxi-aste di rifinanziamento delle banche europee; il discorso di Londra, con l'annuncio di fatto delle decisioni che saranno poi effettivamente prese a settembre; il lancio dell'Outright Monetary Transactions (Omt), il nuovo piano di acquisto di bond sul mercato secondario; il confronto con il Parlamento tedesco, per incassare un sostanziale via libera anche nel cuore del rigore europeo.
L'esordio, il 3 novembre 2011, è segnato dalla decisione unanime del Consiglio, il primo presieduto da Draghi, che taglia di un quarto di punto i tassi d'interesse dell'area euro. Il tasso di riferimento scende all'1,25%. E' una decisione che coglie di sorpresa gli analisti, convinti che il primo direttorio senza Jean-Claude Trichet avrebbe confermato la sua politica monetaria. Meno sorprendente, ma altrettanto determinata la mossa successiva. Un mese più tardi, è il 6 dicembre 2011, un nuovo taglio dei tassi di interesse porta il costo del denaro al minimo storico, all'1%. E' il segnale, chiaro, che il sostegno alla crescita e' diventata la priorità numero uno da perseguire.
Sul fronte bancario, lo strumento individuato per allentare la morsa della crisi finanziaria è una nuova misura straordinaria, che Draghi firma a cavallo fra la fine del 2011 e l'inizio del 2012: una Ltro (long term refinancing operation), ovvero un'asta di liquidità in cui la Bce concede un prestito alle banche richiedenti, della durata di 3 anni e con un tasso di interesse agevolato dell'1% annuo. Le due tranche di operazioni avvengono il 22 dicembre 2011, con 523 banche che partecipano all'asta, richiedendo 489,191 miliardi e il 29 febbraio 2012, con 800 banche e 529,53 miliardi richiesti.
In estate, il 26 luglio 2012, quando sale la tensione per il rischio di un nuovo agosto in balia della speculazione, il presidente della Bce sceglie la Global Investment Conference, organizzata dal governo britannico a Londra, per lanciare il suo messaggio al mercato. L'Euro è "irreversibile" e la Bce, "nel rispetto del suo mandato" farà "qualunque cosa" per preservarla. Sono le parole che i mercati attendevano, l'annuncio di fatto della disponibilità ad imbracciare il bazooka, ovvero l'acquisto illimitato di titoli di Stato dei paesi in difficoltà, per fermare gli spread e, soprattutto, ripristinare la corretta trasmissione all'economia reale delle decisioni di politica economica.
E' un messaggio chiaro anche per le resistenze tedesche, a partire da quelle oltranziste della Bundenbank e del suo presidente Jens Weidmann. La soluzione del problema degli spread, e quindi di rendimenti troppo elevati sul debito sovrano di alcuni Paesi dell'Eurozona, spiega Draghi, "rientra nel mandato della Bce, nella misura in cui il livello di questi premi di rischio impedisce la giusta trasmissione delle decisioni di politica monetaria".
Agli annunci seguono i fatti. Il 6 settembre 2012 la Bce vara il suo piano di acquisti illimitati di titoli di Stato. E' l'intervento anti spread tanto atteso. Tecnicamente Omt, Outright Monetary Transactions. Gli interventi non sono immediati e soprattutto non sono incondizionati. Avverranno solo dopo una precisa richiesta di intervento da parte dei paesi coinvolti. Che pertanto dovranno impegnarsi a un piano di riforme e aggiustamenti fiscali molto rigoroso e per niente 'gratuito'. Resta nelle cronache finanziarie il voto contrario di Weidmann in Consiglio, ma si tratta di una soluzione che viene sostanzialmente accettata anche in Germania.
Il 24 ottobre 2012, non più di dieci giorni fa, Draghi spiega le ragioni di queste decisioni proprio davanti al Bundestag. "Le paure infondate sul futuro dell'area euro vanno rimosse", spiega, e, aggiunge, "il solo modo di farlo è di creare una credibile rete di protezione contro scenari disastrosi". Una motivazione che convince la Cdu di Angela Merkel, così come la Csu. Soprattutto grazie alla condizionalità del piano e all'assicurazione che la misura non porterà a pressioni inflazionistiche. In estrema sintesi, rigore e difesa dell'Euro. Insieme, senza altra scelta.