di Rita Piccolini
Il 5 febbraio del 1909, sulle pagine della “Gazzetta dell’Emilia”, venne pubblicato per la prima volta il Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti. Il testo, che avrebbe rivoluzionato l’arte del Novecento, fu poi rilanciato su “Le Figaro” il 20 febbraio dello stesso anno e da quel momento tutte le avanguardie artistiche europee avrebbero dovuto confrontarsi con il mito della velocità, dell’azione, della macchina e del progresso, insieme al disprezzo per la tradizione e l’accademismo.
Intervista al professor Walter Pedullà , saggista, critico letterario, giornalista. E' stato docente di Storia della letteratura italiana all'università La Sapienza di Roma, poi a Napoli e a Salerno. Ora dirige due riviste di letteratura: "Il Caffè illustrato" e "L'Illuminista".
A cento anni dalla pubblicazione, il Manifesto del Futurismo gli anni li dimostra tutti. Cosa c’è di ancora attuale e innovativo nel messaggio futurista? Qual è l’eredità che ci lascia?
L’attualità del Futurismo dal punto di vista tematico è inafferrabile, ma c’è una svolta, un modo di parlare e di pensare radicalmente diverso. C’è una specie di iniziazione a un tipo di cultura ”violenta”. Non c’è tanto attualità linguistica- quella tempesta di metafore è così distante da sembrare a volte ridicola- ma se si rapporta quel linguaggio alla sua epoca troviamo Nietzsche, D’Annunzio, il melodramma, Sorel, il nostro passato che non è uscito completamente dal nostro orizzonte. C’è l’attualità di un’epoca a cui il Futurismo ha impresso una forte spinta. Se dobbiamo pensare al nostro presente abbiamo l’impressione che somigli molto al futuro di quei futuristi.
L’influenza del Futurismo sulle arti figurative è evidente. Basta andare in un qualsiasi museo di arte contemporanea per rendersene conto. Quale influsso ha avuto sulla letteratura contemporanea?
Ha influito molto. Tutti i giovani letterati degli anni '10 e '20 erano futuristi, o anti-futuristi o abbandonarono il Futurismo. Uno dei maggiori narratori del Novecento, Bontempelli, è stato futurista e poi ha ridicolizzato il movimento quando ne è uscito. Era futurista il grande poeta e narratore Palazzeschi. Il Futurismo ebbe qualche influenza anche su Ungaretti e soprattutto sulle neo-avanguardie degli anni ’60, che non sono state futuriste perché sul quel movimento pesava l’ipoteca politica del Fascismo, ma che sono state fortemente innovative nell’azione radicale di rinnovamento dei linguaggi e dei comportamenti. Al Futurismo è capitata quindi negli ultime decenni una riabilitazione, anche se 100 anni sono davvero tanti.
Se Marinetti vivesse oggi si renderebbe conto di essere stato un profeta. Con gli sms,con la posta elettronica, il linguaggio è cambiato, gli aggettivi sono stati aboliti, la punteggiatura non si usa. Marinetti amerebbe il mondo virtuale?
Se Marinetti vivesse oggi si renderebbe conto che molto di quello cha aveva detto si è verificato. I futuristi hanno aperto la strada alla modernità e alle nuove tecnologie. Su cosa penserebbe del web è difficile rispondere, ma certo ha indovinato parecchie profezie.
Ha senso oggi parlare di avanguardie artistiche?
In letteratura è difficile attualmente trovare riscontri interessanti, ma se si parla di musica e di arti figurative fenomeni di avanguardia ci sono. I linguaggi verbali sono in crisi, quelli musicali e pittorici, non si chiameranno più avanguardia, ma innovazione, pionierismo, esistono e danno la dimostrazione che c’è la voglia di uscire dalla routine, dal tram tram quotidiano di libri che sono uno uguale all’altro, di storie che sembra di avere già letto. Questi sono momenti in cui sembra che la cultura stia venendo meno a uno dei suoi obblighi prioritari, quello di generare esigenze di un mondo diverso. In un momento in cui sembra che le cose siano irreparabili non è possibile che la cultura non sia capace di fare ipotesi importanti come quelle fatte dalle culture precedenti. Se c’è una lezione da parte dei futuristi è che stiamo a lamentarci sul modo di fare poesia, sui crepuscoli e sull’elegia, mentre c’è un mondo che sta cambiando. Bisognerà provare a fare una letteratura all’altezza di questi tempi e di quelli futuri.