Lotta alla camorra


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La guerra economica ai clan

La sfida della Guardia di finanza di Napoli, il successo di sequestri e confische gdf_sequestro_296

di Nello Rega
(n.rega@rai.it

La nuova frontiera o, forse, quella conosciuta ma sempre più sofisticata da smascherare, è colpire al cuore pulsante la criminalità organizzata. Un concetto, questo, che aveva trovato nell’attività di Giovanni Falcone e dei suoi colleghi un arduo sostenitore e un fervente “credente”. Un’idea nata all’indomani della decisione di aggredire sempre più massicciamente la mafia e spezzare il legame del sodalizio criminale con il territorio, l’economia e la politica. Una sfida che i fatti hanno ampiamente dimostrato che si può vincere. Ma soprattutto si deve.

“Proprio su questi criteri la Procura di Napoli ha rilanciato la guerra alla camorra e alla sua linfa vitale: ovvero i soldi”. Il comandante del Comando provinciale partenopeo della Guardia di finanza, Generale Riccardo Rapanotti non usa mezzi termini per spiegare quello che lui e le sue fiamme gialle stanno facendo all’ombra del Vesuvio e a viso scoperto contro il malaffare.

“Nel 2012 gli sforzi sono più che raddoppiati per portare a casa quella che credo essere una grande vittoria dello Stato contro sodalizi criminali sempre più potenti, aggiornati e sofisticati. Abbiamo rafforzato la nostra presenza sul territorio ma soprattutto sui ‘libri contabili’ dei clan. L’operatività dei nostri reparti si muove essenzialmente su due versanti: controllo economico del territorio per intercettare e reprimere i traffici illeciti e le attività economiche illegali, e le investigazioni finanziarie e patrimoniali di più alto spessore, per smascherare i flussi dei proventi ricavati. Con queste modalità colpiamo senza possibilità, o quasi, di ripresa la camorra. I camorristi, che per natura della loro attività criminale, si differenziano molto da mafia e ‘ndrangheta, senza le attività economiche e la disponibilità finanziaria non possono imprimere più il controllo del territorio e della popolazione. Così come il riciclaggio dei soldi derivanti dal traffico della droga, delle sigarette e della contraffazione”.

E, a guardare i dati riportati dai finanzieri napoletani, i numeri parlano da soli. Nei primi nove mesi di quest’anno sono state proposte all’autorità giudiziaria sequestri per quasi 34 milioni di euro. I sequestri di attività commerciali, immobili, veicoli, natanti e conti correnti ammontano a qualcosa come 851 milioni e mezzo di euro, i beni confiscati (ovvero disponibili già nelle casse dello Stato) per quasi 200 milioni di euro. Su base nazionale, le cifre parlano da sole. La Guardia di Finanza ha sequestrato beni per quasi 2 miliardi e 600 milioni di euro e ne ha confiscato per quasi 200 milioni. “Rispetto allo scorso anno le cifre sequestrate e confiscate sono state quasi 4 volte superiori. Un dato che ci fa ben sperare e che continua anche in questi mesi ad avere un trend più che positivo. Continueremo così, su questa linea, perché è nello spirito del nostro Corpo ma anche perché è l’arma vincente”.

Il Colonnello Nicola Altiero guida il Nucleo di Polizia Tributaria del Comando provinciale di Napoli. Da anni impegnato nella lotta alla criminalità organizzata, dal versante soprattutto economico, non nasconde l’orgoglio che è ben visibile nelle operazioni del suo reparto. Ma non sempre per riuscire a ottenere vittorie contro la camorra la partita da giocare è facile. Anzi. “In questi anni la camorra, così come mafia e ‘ndrangheta, hanno affinato sempre di più le tecniche di investimenti economici, riciclaggio e frode fiscale. Si sono impadroniti di strumenti che neanche gli Stati, molto spesso, hanno. Grazie alla consulenza di ‘colletti bianchi’ preparati e inseriti nel mondo della finanza, riescono a infiltrarsi nelle maglie della speculazione, delle grandi economie e dei paradisi fiscali. Riescono a tessere reti di società ramificate difficilissime da scoprire e stanare. Una mafia sempre più economica e sempre meno sanguinaria. Basti pensare alla grande speculazione che la camorra ha fatto appena è caduto il muro di Berlino. A mani basse ha investito nei Paesi fino ad allora governati da regimi comunisti, riciclando i proventi dei suoi illeciti. Investimenti che sono continuati negli anni e che hanno portato a guadagni a dir poco enormi”.

Il Generale Rapanotti continua a mappare il “mostro” della camorra. “Grazie a intrecci derivanti anche dalla globalizzazione, hanno potuto contare sulla collaborazione, l’assenso o ‘il silenzio’ di Stati-lavatrice. Paradisi fiscali dove tutto è possibile, senza incappare nelle maglie della fiscalità. Un capolavoro, si fa per dire, di ‘economia parallela’. Ma da qualche anno anche noi abbiamo rafforzato gli anticorpi e abbiamo risposto, vincendo su tutta la linea”. L’asso nella manica delle Fiamme gialle si chiama GEO.C.O.M. (Georeferenziazione Condannati Organizzazioni Mafiose), la risposta informatica e di polizia al malaffare economica della criminalità organizzata. “Una banca dati che ci permette di poter scansionare i movimenti economici di soggetti sospetti. Una vera e propria arma micidiale che non lascia spazia alle ‘fantasie’ dei colletti bianchi a libro paga della camorra”.

Così il Colonnello Altiero spiega “il fiuto infallibile” di GEO.C.O.M.. Un alleato insostituibile al quale si affiancano le indagini sul territorio, l’attività investigativa (pedinamenti, appostamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali) e l’esame attento di ogni movimento economico sospetto. Il mondo di chi paga le tasse e crede nel principio della capacità contributiva ringrazia.