di Raffaella Miliacca
Nel centenario del Futurismo, Milano celebra questa avanguardia con una grande mostra “Futurismo 1909-2009 Velocità + Arte + Azione”, a Palazzo Reale, dal 6 febbraio al 7 giugno.
L’esposizione si compone di circa 400 opere. Oltre 250 sono dipinti, disegni, sculture. Il resto sono progetti di architettura, scenografie, costumi teatrali, fotografie, arredi, pubblicità, moda, opere di Paroliberismo (tecnica espositiva di “parole in libertà”), a testimoniare la vastità e complessità dei campi di azione del movimento futurista.
La mostra rilegge tutta l’estensione temporale del Futurismo, fino allo scadere degli anni Trenta, evidenziando sia le eredità che raccolse sia quelle che lasciò. Per questo, il percorso parte dall’ultimo decennio dell’800 e arriva fino alla seconda metà del ‘900, con alcuni degli artisti che al Futurismo guardarono (Burri, Fontana, Schifano).
I curatori Giovanni Lista e Ada Masoero spiegano in un breve saggio le ragioni della mostra. Nell’ambito degli eventi espositivi che celebrano il centenario del Futurismo, da Parigi a Rovereto, da Roma a Londra a Venezia, quello di Milano ha l’obiettivo di “ripercorrere per intero, in ognuno dei linguaggi espressivi in cui il Futurismo si è cimentato, tutti i trent’anni di creatività del movimento”, la cui “volontà di ridisegnare l’intera realtà secondo i propri rivoluzionari modelli ha rappresentato la sua specificità più forte in seno alle avanguardie europee del primo Novecento”.
Tommaso Marinetti e Milano, un binomio inscindibile nella nascita del Futurismo. Alla fine dell’800, Milano è la più moderna ed europea delle città italiane, sia sul piano economico che culturale. E la mostra si apre con una paronamica della cultura visiva lombarda di fine Ottocento: dal simbolismo notturno di Alberto Martini e Romolo Romani, all’arte d’impegno sociale di Pellizza da Volpedo, alla scultura di Medardo Rosso. In questa sezione si trovano anche i cinque firmatari dei manifesti pittorici del 1910, Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini.
L’esposizione si sofferma poi sulla figura di Tommaso Marinetti, elemento di “snodo tra questa sta- gione radicata nell’800 e la nuova deflagrante età dell’avanguardia”.
Il percorso si articola quindi per decenni, individuando per ognuno la dominante estetica. Gli anni Dieci e il Dinamismo plastico sono illustrati da un centinaio di opere e, tra gli artisti, Boccioni, Balla, Depero, Prampolini, Soffici.
Gli anni Venti e l’Arte meccanica. E’ questo il filo conduttore del Futurismo negli anni del primo Dopoguerra, in cui l’Europa e l’Italia sono impegnate nella ricostruzione. Sono gli anni del “macchinismo”, la macchina è intesa come “idolo dispensatore di rigore geometrico”. In questo decennio “l’arte futurista appare fortemente connotata da questa nuova esigenza di ordine e di chiarezza e si pone in stretta consonanza con l’appello europeo del ‘ritorno all’ordine’, dimostrandosi capace di dialogare da pari a pari con il resto d’Europa”, scrivono i curatori della mostra. In questa sezione ancora Depero e Balla, Prampolin, Pannaggi e Paladini.
Gli anni Trenta e l’Aeropittura. La possibilità di volare cambia la percezione degli orizzonti, i codici della prospettiva: “quella rinascimentale si annulla”, “la visione si fa strapiombante”. Alcuni artisti aeropittori guardano dall’alto verso il basso, altri invertono la prospettiva e innalzano lo sguardo “a penetrare la profondità del cosmo”. Da qui l’idealismo cosmico e poi il polimaterismo di Prampolini. La mostra si chiude con una sezione intitolata “Dopo il Futurismo”, con opere di Fontana, Burri, Schifano, Dorazio.