Che cosa è per lei il “il giorno del ricordo”?
Stelvio Spadaro, di famiglia istriana, nato a Isola (Capodistria), è stato segretario Pds a Trieste dal ’93 al 2001.
"Il 10 febbraio ricorda la dissoluzione di un’intera regione al confine orientale d’Italia a conclusione della seconda guerra mondiale e negli anni successivi: trattati, accordi internazionali, politiche di pulizia etnica sconvolsero la fisionomia civile, demografica, economica e politica della Venezia Giulia, frantumarono il tessuto di una specifica esperienza culturale, quella giuliana di lingua italiana. L’Italia guardò a tutto ciò con indifferenza– salvo il caso di Trieste fino al 1954– o con rimozione. C’è da aggiungere che purtroppo già prima, nel corso della Resistenza, la Venezia Giulia era stata abbandonata, dopo le devastazioni prodotte dal fascismo. Ma già allora i Triestini e gli Istriani seppero reagire. Poi, la fine, un’identità spezzata dai nuovi ingiusti confini: Trieste compressa, gli istriani costretti all’esodo: esodo di un intero popolo, di artigiani, pescatori, operai, piccoli proprietari terrieri, professionisti. Oggi dobbiamo ricordare i morti, le vittime di allora, le ingiustizie subite, ma dobbiamo anche ricordare la capacità di reagire che i giuliani ebbero, le risposte che seppero dare a Trieste e nei vari luoghi dove gli istriani trovarono rifugio, nei campi profughi, nei quartieri giuliano dalmati, nelle comunità d’oltre oceano".
"In condizioni difficilissime gli esuli e gli italiani rimasti oltre confine seppero conservare i tratti essenziali di una civiltà di lingua italiana, parte cospicua di terre complesse– perché popoli di lingua diversa le abitavano– quelle dell’Adriatico orientale: una antica radicata civiltà del mare e della terra, di sapienza artigianale, operosa e temperata, non certamente terra di estremisti. Grazie alle organizzazioni degli esuli che hanno raccolto letteratura, documentazioni, testimonianze, paese per paese, il tentativo di far sparire i lineamenti di questa cultura e di questo modo d’essere o di ridurre tutto ciò a irrilevanti residui di coloni provenienti da Venezia, nella sostanza è fallito, la memoria è stata conservata. E’ stato perciò doveroso e giusto che le Istituzioni della Repubblica abbiano voluto intervenire per restituire la memoria di questo mondo: non certamente per rifare recriminazioni e rancori del passato, ma per portare un contributo alla fisionomia plurale delle contrade dell’Adriatico, dunque per il futuro di queste regioni. Conosciamo bene ormai tutte le pagine del passato, tutte le repressioni, le violenze, gli esodi, conosciamo tutti le responsabilità di ciascuno Stato e delle politiche devastanti che hanno qui messo in opera. Tutti oggi siamo in grado di assumerci le responsabilità di ciascuno, individui o Paesi, senza omettere niente. Ma sappiamo anche che il Novecento, con il suo carico di nazionalismi e di totalitarismi, è alle spalle e che l’Europa con le sue istituzioni democratiche può restituire memoria e futuro anche a queste regioni dell’Adriatico settentrionale".