VENERDI’ 13

di Sandro Calice

 VENERDI’ 13
 di Marcus Nispel, Usa 2009 (Universal Pictures)
 Jared Padalecki, Danielle Panabaker, Amanda Righetti, Travis Van Winkle, Derek Mears, Aaron Yoo, Arlen Escarpeta, Julianna Guill, Willa Ford, Ryan Hansen

 Cimentarsi con le icone del cinema, horror in questo caso, è sempre
 una scommessa. Cambiano i tempi e le paure, i luoghi e i 
 meccanismi dello spavento, e a volte non basta rispettare i codici del
 genere. Jason Voorhees è il celebre serial killer con la maschera da 
 hockey e il machete, mentalmente ritardato e con una forza sovrumana. “Venerdì 13” è la rivisitazione dell’omonimo film del 1980 (diretto da Sean Cunningham, oggi produttore) che ne racconta la genesi.

Siamo a Crystal Lake. Circa vent’anni prima, nel campeggio sul lago, un ragazzino di nome Jason annega per la negligenza dei responsabili, che poco dopo vengono brutalmente uccisi. Stessa sorte capita da quel momento a chiunque si avvicini al campeggio. L’assassino, si scoprirà – e non riveliamo nulla – è la madre di Jason, che viene fermata dall’ultima superstite. Ma Jason è veramente morto? Vent’anni dopo un gruppo di adolescenti in gita scompare senza lasciare tracce nella stessa zona. Il fratello di una di loro inizia a cercarla, nonostante la polizia e gli abitanti del posto cerchino di dissuaderlo, fino a quando si imbatte in un altro gruppo di ragazzi che ha deciso di passare il weekend sul lago. Non torneranno mai più a casa.

Le icone, dicevamo. C’è Jason, ma anche il Freddy Krueger di “Nightmare”, il Leatherface di “The Texas Chainsaw Massacre” (“Non aprite quella porta”, in Italia), oltre al Michael Myers di “Halloween” o al Pinhead di “Hellraiser”. Tutte grandi invenzioni, ma tutte “abusate”, stiracchiate per cinque, sei o sette sequel. La potenza dell’idea, inevitabilmente, si affievolisce. In questo “Venerdì 13” Nispel prova a rinfrescare personaggio e situazione: un normale campeggio nel bosco, per esempio, non avrebbe fatto più molta paura. Dopo di che, trama e colpi di scena sono quelli che ci aspettiamo, e se non si ha memoria dei precedenti, possono anche piacere. Certo è che, pur scontando la sospensione dell'incredulità, se i protagonisti fossero un po' meno sprovveduti (e qui l'eufemismo è potente) non si farebbe il tifo per Jason aspettando la prevedibile fine.