Atlante delle crisi


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L'agenda poltica del giovane Paese

La nascita dell'esercito kosovaro thaci_296

L'agenda politica del Paese, nelle parole del premier Hashim Thaçi, ruota attorno a tre assi: sviluppo economico, consolidamento delle istituzioni demo- cratiche e lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata.

In un anno di "sfide straordinarie", Thaçi sottolinea il compimento di alcuni "passi importanti in materia di sicurezza giuridica e politica, al fine di creare un ambiente favorevole per gli investimenti". La minoranza serba pare essre un problema minore, poiché "lo Stato rispetta la multietnicità".

Il principale obiettivo a medio termine resta l'approdo del Paese alla Nato.

A tutt'oggi, sono 54 i Paesi che riconoscono il Kosovo come Stato indipendente. Tra questi, 22 dei 27 Stati membri dell'Ue e gli Stati Uniti.

Giorni fa, Pristina ha aperto 17 nuove sedi diplomatiche, che si aggiungono alle 10 rappresentanze già esistenti.

Il nodo centrale resta quello del riconoscimento da parte della Serbia, che continua a considerare il Kosovo come una sua provincia meridionale, storica culla della stessa nazione serba. L'appoggio della Russia, membro permanente del Consiglio di sicurezza con diritto di veto, blocca la legittimazione della repubblica in ambito Onu.

Alla fine del 2008, le autorità di Pristina hanno creato la Kfs, la nuova forza di sicurezza destinata a diventare l'esercito del Paese.

Composta da 2.500 effettivi più 800 riservisti, la Kfs è per ora impegnata in opere di sminamento e protezione civile ma presto acquisirà la gestione diretta della polizia e si doterà di servizi di intelligence. L'addestramento è a cura del personale della Nato.

Entro la primavera dovrebbe sciogliersi invece l'attuale Kpc (Kosovo Protection Corps), istituito nel 1999 con l'inca- rico di ricostruire le strutture dan- neggiate dalla guerra.

L'ossatura della Kfs ricalca in massima parte quella dal Kpc: la componente albanese dunque è predominante,benché non manchino militari di etnia serba. Per ora, la responsabilità ultima della sicurezza resta in mano alla Nato, che ha ancora nel Paese 15.000 soldati.

Il governo serbo ha definito la Kfs un "gruppo paramilitare" che costituisce una "chiara minaccia alla sicurezza nazionale, alla pace e alla stabilità nell'intera regione".

Creati da poco anche i Servizi segreti (Aki) e il Consiglio di sicurezza nazionale, che definisce priorità e strategie di governo e forze dell'ordine.