Il corpo sottile e fragile, la voce cantilenante, patetica o aggressiva, arrochita dal fumo delle troppe sigarette. Lo sguardo perso, astratto, si trasformava in quello che il maestro, Federico Fellini, le chiedeva di essere nei suoi film: prostituta, donna sfruttata, moglie ingenua, clown triste del circo di strada. E lui la chiamava affettuosamente ''lo spippolo'', un nomignolo che i romagnoli danno a cose piccole, che ispirano tenerezza. Storia, in breve, di Giulietta Masina.
Nasce a San Giorgio di Piano, in provincia di Bologna, nel 1921. A Roma inizia la sua carriera artistica: cantante, ballerina, violinista, attrice di prosa; nei primi passi nel mondo artistico non disdegna alcuna esperienza. Ma è la radio a segnare la svolta decisiva nella sua carriera e nella vita. Nel 1942, comincia a lavorare per la rubrica radiofonica ''Terziglio'', che racconta le avventure degli sposini Cico e Palina, di cui Fellini era uno degli autori. Un anno dopo sono già sposati, matrimonio celebrato in casa della zia di lei il 30 ottobre 1943 da un prete che abita nell'appartamento accanto e ha la dispensa per dire messa anche fuori della chiesa. Fellini stesso disegna i cartoncini partecipazione. Il ''viaggio di nozze'' è un' escursione pomeridiana al teatro ''Galleria'', dove recita Alberto Sordi. Un ''amore a prima vista'', come lei stessa racconta: è sufficiente un invito ''galeotto'' in trattoria per far scoccare un amore che, fondato anche sulla reciproca stima intellettuale, è destinato a durare cinquant'anni.
Plasmata dal 'maestro', diventa un'attrice dallo stile molto personale, perfetta nei ruoli al limite del patetico, grande interprete di figure emarginate e stralunate. Il suo primo film importante è del 1948: ''Senza pietà'' di Alberto Lattuada, un drammone sullo sfascio materiale e morale del dopoguerra italiano. Dopo due anni trascorsi ai margini del cinema, con piccole parti in film di secondo piano, è il 1950 a segnare il via definitivo alla sua carriera di attrice. In quell'anno gira ''Persiane chiuse'' con Luigi Comencini, cui seguono due pellicole che le danno definitiva notorietà.
Nella prima, ''Luci del varietà'' (1951), che segna anche l'esordio nella regia di Fellini a fianco di Lattuada, è Melina Amour, attrice di avanspettacolo e fidanzata del capocomico di una strampalata e povera compagnia di varietà abbandonata dal suo amore, Peppino De Filippo, per la bella e ambiziosa Liliana. In ''Europa '51'' (1952) di Roberto Rossellini, è ''Passerotto'', una vedova con una moltitudine di figli (lei che figli non ne ha avuti), che vive in un casermone popolare in periferia e che, nonostante l'aria fragile e sconnessa, manda avanti la famiglia con il suo lavoro di operaia. Nel film l'incontro con una signora della buona società, Ingrid Bergman, non sconvolge la sua vita ma segna per sempre quella dell'altra.
Il sodalizio artistico con Fellini si fa sempre più stretto col passare degli anni. Dopo un ruolo secondario in ''Lo sceicco bianco'' (1952), il maestro fa della moglie la protagonista del suo film ''La strada'' (1954). Nella ''Strada'', Oscar per il miglior film straniero e Leone d'argento a Venezia, è Gelsomina, buffa, ingenua, infantile ragazza senza famiglia, venduta a Zampanò, Anthony Quinn, un rozzo girovago che va di piazza in piazza a esibirsi in giochi di forza e abilità. Nel ruolo di Gelsomina, raggiunge la maturità artistica, codificando un tipo di donna rimasto unico nel panorama cinematografico italiano: una figura non sensuale, non provocante, che rappresenta però l' essenza dell'universo femminile più nascosto, quello delle ''donnette'' di poco conto, poco amate e poco desiderate, alla perenne ricerca della felicità. Patetica, sofferta, straziata, gli occhi sempre sgranati sul mondo che non capisce ma che si ostina ad amare, Gelsomina è in nuce Cabiria, la protagonista del film che, dopo ''Il bidone'' (1955), gira con il maestro nel 1958 e con il quale vince l'Oscar e il premio per l'interpretazione a Cannes.
Lo stesso anno lavora con Eduardo De Filippo in ''Fortunella'', al fianco di Alberto Sordi; e poi nel dramma carcerario ''Nella città l'inferno'' di Renato Castellani. Sempre più collaboratrice nell'ombra, fedele consigliera e ''complice'' del marito, fa passare sette anni prima di tornare a lavorare con Fellini. Nel frattempo lavora all'estero, in Germania. Nel '59 gira accanto a Richard Basehart ''La donna dell'altro'' di Victor Vicas, da un romanzo di Hermann Sidermann e due anni dopo è una bionda platino stile Marilyn nel deludente ''La gran vita'' di Julien Duvivier.
Nel 1965 torna a lavorare con Fellini: in ''Giulietta degli spiriti'' è una donna borghese, in procinto di essere lasciata dal marito, che cerca rifugio al suo smarrimento nello spiritismo, nella psicanalisi e in una vita diversa. Giulietta è raccontata da Fellini con un linguaggio barocco, simbolico, reso ancor più onirico dal colore, usato per la prima volta dal maestro; la sua emarginazione stavolta non è sociale, ma interiore.
Passano venti anni prima di ritrovarla protagonista, assieme a Marcello Mastroianni, di ''Ginger e Fred'' (1993) dove da' vita ad una patetica ballerina di varietà che rivive in un megashow televisivo le glorie del passato.
Giulietta Masina ha anche ottenuto un grande successo personale con la rubrica radiofonica ''Lettere aperte a Giulietta Masina'' tenuta dal 1966 al 1969, e con lo sceneggiato tv ''Eleonora'' (1972) di Tullio Pinelli, bonario ritratto di una donna della scapigliatura milanese. Nel 1985 interpreta come protagonista la fiaba lirica di Jakubisco ''Frau Holle'' e, nello stesso anno, il film francese ''Le benjamin'' di Jean-Louis Bertuccelli. Sono le sue ultime apparizioni da attrice. Poi il dramma della sua malattia e dell'ictus a Fellini, che muore dopo lunga agonia il 31 ottobre '93. Lei lo segue cinque mesi dopo, il 23 marzo del 1994.
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Il 23 marzo nella storia
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