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Tutto su Colf, badanti e baby sitter

Intervista al presidente dell'Api-Colf badanti_296

di Fiammetta Rossi

Quali sono i problemi da affrontare quando si ha bisogno di assumere una persona che lavora a casa nostra? E quali le difficoltà se, come sempre più spesso avviene, si scelgono badanti, colf o baby sitter stranieri.

Per fare chiarezza abbiamo chiesto l’aiuto del presidente dell’Associazione professionale Api-Colf, Rita De Blasis.

Che differenza c’è tra un rapporto di lavoro con un italiano, con un europeo o con un extracomunitario?
“Il rapporto di lavoro va comunque denunciato all’Inps 24 ore prima che cominci e da quel momento scatta il pagamento dei contributi, anche se si tratta di un periodo ‘prova’. Questo vale per tutti i lavoratori. Il datore di lavoro che decide di non farlo deve sapere che, se il lavoratore ha un qualsiasi incidente mentre presta la sua opera, la responsabilità è sua e le conseguenze possono essere anche molto pesanti. In più, il datore di lavoro, se scoperto, incorre in sanzioni previste dal decreto legislativo 223 del 2006 che riguarda tutto il mondo del lavoro e che una circolare del 2007 del ministero del Welfare ha specificato che sono applicate anche ai lavoratori domestici. Prevista una sanzione amministrativa da 1.500 a 12.000 euro per ciascun lavoratore, con una maggiorazione di 150 euro per ogni giorno di lavoro svolto. Più una sanzione di 3.000 fissa, per mancato versamento contributi, indipendentemente dalla durata del rapporto di lavoro.

Queste regole valgono per gli italiani e per gli appartenenti alla comunità europea (che per lavorare non hanno bisogno del permesso di soggiorno) ad esempio per i romeni che in Italia sono tantissimi. Altro discorso va fatto per i lavoratori extracomunitari come filippini e sudamericani ma anche per chi arriva da Ucraina, Moldavia e, sempre più frequentemente, dalla Georgia. Questi lavoratori non si possono assumere, neppure ‘in prova’, se non hanno un permesso di soggiorno per lavoro (non basta quello per studio). Se il datore di lavoro decide comunque di dare lavoro a chi non ha permesso va incontro a sanzioni molto gravi, anche penali. In base al decreto legislativo del ’98 rischia da 6 mesi a 3 anni di reclusione più una multa di 5.000 euro.

Il lavoratore invece non rischia sanzioni ma, se scoperto senza permesso di soggiorno, sarà ovviamente rimpatriato.

Voi tutelate solo i lavoratori che hanno un contratto in regola?
“Noi tuteliamo e dobbiamo tutelare tutti, anche i lavoratori ‘in nero’ perché quando c’è un rapporto di lavoro, comunque ci sono diritti acquisiti che ne derivano. Quello che prevede il contratto di lavoro va sempre applicato. Il datore di lavoro, anche se il lavoratore non ha permesso di soggiorno, è tenuto a pagarlo secondo le regole (tredicesima, ferie, permessi). Quando si rivolgono a noi, tentiamo comunque una mediazione tra le parti perché la conflittualità non giova a nessuno, neppure al lavoratore, ma se questa non riesce aiutiamo il lavoratore a fare causa. Abbiamo legali che si occupano di questo, senza che il lavoratore debba affrontare spese tranne l’iscrizione al sindacato Federcolf con una cifra esigua. Solo a fine causa, se non avrà vinto pagherà la sua parte di spese. Ma noi, prima di incominciare una causa, diciamo subito se c’è una ragionevole certezza che vada a buon fine. La nostra associazione, nata nel ’71, è formata, anche nella dirigenza, da persone che vengono dalla categoria e conoscono bene le problematiche”.

Quali sono i consigli che date al datore di lavoro che si rivolge a voi?
“Lo mettiamo in guardia sui rischi che corre a prendere una persona senza permesso di soggiorno, tentiamo di dissuaderlo. Se desidera, lo mettiamo in contatto con chi cerca lavoro ed ha il permesso e possiamo farlo facilmente perché abbiamo una quarantina di sedi in tutta Italia. Ma se si ha bisogno al più presto di un aiuto in casa a volte si è costretti a ricorrere a chi non ha il permesso, anche se si vorrebbe seguire le regole. Questo dipende dal problema dei flussi perché anno per anno con decreto viene deciso il numero massimo di lavoratori extracomunitari. Ad esempio ora la situazione è questa: chi non ha potuto fare richiesta l’anno scorso perché non rientrava nel numero consentito, non la può fare neppure quest’anno perché si sta procedendo a mettere in regola quelli già in esubero nel 2008. Quindi, anche se un datore di lavoro volesse mettere in regola il lavoratore, ora non potrebbe farlo, dovrebbe comunque aspettare la fine dell’anno”.