di Giovanni Casa
Sono in corso, a Roma, gli Internazionali di
tennis. L’ultimo italiano a vincere il prestigioso
torneo fu Adriano Panatta, nel 1976. Mimmo
Calopresti (autore, tra l’altro, di “La seconda
volta”, “La parola amore esiste”, “L’abbuffata” e
numerosi documentari) ha annunciato che il suo
prossimo film sarà dedicato proprio al campione
romano. Televideo ha intervistato il regista.
Perché un film su Panatta oggi?
“L’idea è nata da un incontro che ho avuto con lui.
Mi ha molto incuriosito la sua personalità. Panatta
è capace di raccontare il tennis come un
fenomeno sociale e di vedere il rapporto tra lo
sport e la vita. Trovo interessante vedere il tennis
al di là del momento tecnico, perché intorno si
muove la vita, quella di tutti. A volte riguarda
anche il Paese, come quando nel 1976 si discusse
se l’Italia dovesse giocare o meno la finale di
Coppa Davis nel Cile di Pinochet. Il tema poi si è
ripetuto di recente con le Olimpiadi in Cina, per la questione del Tibet. Lo sport, dunque, spesso riesce a diventare dibattito nell’esperienza di tutti. Inoltre, mi interessa questo rapporto individuale, sei tu in campo da solo e tutte le volte devi vincere: questo somiglia alla partita della vita. Il match può durare molte ore e ti confronti con milioni di pensieri. Panatta è stato poi un numero uno, un vincente. Mi sembra che questo meriti di essere narrato”.
Quale registro ha scelto?
“Quello del documentario, cercando di recuperare non solo il suo racconto, ma anche tutto il mondo del tennis che c’era intorno, la sua storia. Adriano nasce come figlio dello ‘storico’ custode del Tc Parioli (blasonato circolo della capitale,ndr) e arriva sulla scena in un momento di grandi cambiamenti. Vincendo, lui porta il tennis a un livello di maggiore popolarità. Mi ricordo che si cominciano a costruire più campi, magari in cemento, facendo diventare il tennis un fenomeno non più di élite. Inoltre, le vittorie di Panatta sono le prime a essere mostrate dalla televisione e farle vedere infiammò un po’ tutti”.
Può dirci qualcosa sulla lavorazione e dove sarà girato il film?
“Devo ancora definire gli ultimi dettagli, tuttavia Panatta è anche Roma. Ha un forte legame con la città. Quindi, credo che Roma sarà abbastanza protagonista, insieme a lui. Circa i tempi, ritengo che il film sarà finito entro l’estate”.
Perché il cinema italiano dedica così poco spazio allo sport?
“E’ difficile rappresentarlo, è molto complicato. Forse per una cultura diversa, non abbiamo la concezione americana dello sport come riscatto sociale. Si è fatto un po’ con la boxe, ma non molto di più. Inoltre, va considerato che ci sono difficoltà anche dal punto di vista tecnico e, probabilmente, non abbiamo avuto molti campionissimi con storie importanti. Io credo, però, che i personaggi rappresentino un’epoca, con i loro passaggi e le trasformazioni. Non è facile da raccontare, ma tanto vale provare a farlo”.