Di Raffaella Miliacca
Ventiduesima edizione per la Fiera internazionale del Libro di Torino, al Lingotto dal 14 al 18 maggio, un appuntamento che si propone non solo come vetrina per l’editoria, ma anche come momento di promozione della lettura, e forse è proprio in questo il segreto del suo successo. Per cinque giorni il Lingotto si anima con incontri, presentazioni di libri, eventi, “lectio magistralis”, ispirati a un motivo conduttore: quello di quest’anno è “Io, gli altri”. Sulle ragioni di questa scelta, il programma, le attese della Fiera, abbiamo sentito il direttore Ernesto Ferrero.
“Io, gli altri” è un tema di grande attualità. Come è nata questa proposta?
E’ una scelta che abbiamo elaborato molti mesi fa, poi si è rivelata perfettamente adatta a quello che è successo tra l’autunno e l’inverno perché, come è stato da più parti osservato, questa crisi globale è anzitutto una crisi morale, etica, è la crisi di un “io” autoreferenziale, profondamente egoista, incapace di guardare al di là del proprio naso e di pensare e progettare in termini di “noi”, di gruppo. Da qui bisogna ripartire, perché “l’io” è l’oggetto più misterioso dell’Universo. E da qui ripartiremo. Anzitutto, con le neuroscienze, per capire come funziona il cervello, la presunta sede dell’identità. Chiederemo agli psicoanalisti quali sono state le spiegazioni date dalle diverse scuole, da Freud, Jung, Lacan. Affronteremo anche il problema dello scrivere di sé, dell’autobiografia come luogo della confessione, o non piuttosto quello in cui indossiamo una nuova maschera. Voglio dire che le autobiografie sono spesso romanzi che scriviamo come più ci conviene.
E “gli altri” dove si collocano?
Come diceva Calvino, prima di arrivare agli altri bisogna conoscere se stessi. Gli altri sono il complemento necessario dell’io, l’io non esiste senza relazione con gli altri. Chiederemo, per esempio, ad illustri studiosi come musulmani, cristiani ed ebrei si sono visti rappresentati gli uni dagli altri nel corso dei secoli. Gli altri fanno parte del nostro orizzonte, perché quanto più crediamo di tenerli lontani, tanto più ci sono vicini. La presenza d’Israele come ospite d’onore ha suscitato l’anno scorso forti contestazioni.
Quest’anno, anche se in tono minore, ci sono state polemiche per l’Egitto. Come risponde?
Le polemiche sull’Egitto sono state molto ridotte. Su Israele è stato abbastanza facile farle perché il conflitto è sotto gli occhi di tutti. Mentre per l’Egitto, che ha come tutti i suoi problemi, tutto questo è messo in ombra dalla parte archeologica che è la grande passione degli italiani. Naturalmente, parleremo anche dell’Egitto di oggi e ospitiamo anche degli scrittori molto critici.
Nel corso degli anni, la Fiera ha registrato un successo sempre crescente. Pensa che l’attuale crisi possa influire sui risultati della manifestazione?
Non credo. Anzitutto, l’editoria è uno dei comparti industriali che ha tenuto. Quest’anno è addirittura aumentato il numero dei partecipanti alla Fiera, tutti vogliono esserci. Gli editori sono abituati a vivere nei momenti difficili, sono sostanzialmente dei folli, no, dei coraggiosi, e sono abituati a scommettere sul futuro. Il clima mi sembra buono, credo che batteremo tutti i record di presenze. L’Egitto è già una grossa attrattiva e il programma è molto ricco e articolato.
Qualche novità da segnalare in particolare?
Potrei partire da qualche grande ospite. Dal Nobel Pamuk, che era già venuto in Fiera quando era uno sconosciuto scrittore turco, a Rushdie, a Grossman, a Vandana Shiva, al cinese Yu Hua. Ma in un sondaggio volante fatto sul nostro sito, l’ospite più atteso è risultato essere un’inesauribile ragazza centenaria, la Montalcini.