La sua vita è stata il sogno americano divenuto realtà. Da quando una nave lo portò nel 1903 dalla Sicilia in America, Frank Capra, figlio di un ''villico'' e di una casalinga (come riportano i registri anagrafici del comune di nascita, Bisacquino, in provincia di Palermo dove era nato il 18 maggio 1897), ha percorso tutta la strada che ogni emigrante sognava e che l'America degli inizi del secolo prometteva.
E' stato un esempio luminoso per i poveri che volevano diventare ricchi e per gli sconosciuti che volevano diventare famosi. Fino ad avere ''the name above the title'' (il nome sopra il titolo dei suoi film) come è scritto nella copertina della sua autobiografia pubblicata in America nel 1971 e 18 anni dopo in Italia. Capra di questo sogno americano si e' fatto difensore e paladino fino a soffocare talvolta intelligenza e spirito critico, capacità di osservazione e di penetrazione degli eventi politici. Ma fu tuttavia maestro nel mantenere i toni scherzosi e leggeri della ''sophisticated comedy'', nel lasciarne immutata la grazia e la vivacità. Proprio nella sua acritica difesa del sogno americano e in una eccessiva dose di sentimentalismo unita ad un conformistico conservatorismo, molti hanno visto i limiti di Capra, per lo meno della sua produzione successiva al 1936, anno a cui si fa risalire la sua conversione all'esaltazione dell'eroe buono e onesto che da solo sconfigge i potenti corrotti in un mondo popolato da gente senza cuore.
Eroi buoni come quel mister Deeds impersonato da Gary Cooper in ''E' arrivata la felicità'' che, diventato ricchissimo grazie a un’eredità, riesce a sbarazzarsi dei malvagi profittatori e spende il suo denaro per lenire la piaga della disoccupazione. O come quel mister Smith, interpretato da un distratto James Stewart, che va a Washington come senatore senza malizia e sconfigge tutta la corruzione dentro e fuori il parlamento con l'aiuto dei boy-scout. Anche i documentari che girò durante la guerra per la serie ''Perché combattiamo'', con la collaborazione talvolta di registi prestigiosi come Joris Ivens o Anatol Litvak, rappresentano la sua eccessiva dedizione al ''sogno'' che contamina la documentazione con lo stile narrativo, il dramma della guerra con le immagini eroiche.
Eppure Capra era riuscito a brillare per originalità prima del fatidico 1936. Per esempio con due film inaspettatamente erotici interpretati da Barbara Stanwyck, ''L'amaro té del generale Yen'' e ''Femmine di lusso'', ed anche con ''La donna di platino'' che, oltre a valorizzare Jean Harlow, denota una inusuale vivacità per quei tempi verso l'argomento sesso.
Per non parlare del vivacissimo ''Accadde una notte'' in cui Claudette Colbert e Clark Gable danno vita ad una commedia brillante e spregiudicata su cui Hollywood imposterà molta della sua produzione e che dà la misura dello stile di Capra: uno stile leggero, delicato, pieno di invenzioni che ce lo fa amare anche in quei film che potrebbero meritare una condanna da un punto di vista ideologico.
Dopo aver girato ''Angeli con la pistola'', nel 1961, Capra fu messo in pensione insieme a tanti altri che avevano vissuto e costruito il sogno americano. Lo sostituiva la nuova Hollywood del dissenso, della protesta e della contestazione. Capra ha sempre avuto parole molto dure per i suoi successori e per tutti i detrattori degli Stati Uniti d' America. Esempio vivente dell'avverarsi di un sogno, ha continuato a crederci fino alla fine: «Forza amici - ha scritto a conclusione dell' autobiografia – se ce l'ho fatta io possono farcela tutti. Le porte possono aprirsi a chiunque, basta volerlo».
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Il 18 maggio nella storia
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