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Lavoro e famiglie

Peggiorano le condizioni del mercato del lavoro e il potere di acquisto delle famiglie j

Le condizioni del mercato del lavoro peggiorano a causa della crisi in atto. Infatti, per la prima volta dal 1995, la crescita degli occupati nel 2008 (183 mila unità in più rispetto al 2007) è inferiore a quella dei disoccupati (186 mila in più).

• Nel 2008 gli occupati “standard” (a tempo pieno e durata indeterminata) sono circa 18 milioni; i lavoratori “parzialmente standard” (a tempo parziale e con durata non predeterminata) sono circa 2,6 milioni; gli atipici (dipendenti a termine e collaboratori) sono quasi 2,8 milioni.

• La sostanziale stabilità del lavoro standard nel 2008 rispetto al 2007 è il risultato della diminuzione del lavoro autonomo (-104 mila unità) e dell’incremento di quello dipendente (+106 mila unità). Quest’ultima componente, inoltre, aumenta nel settore dei servizi e si riduce sensibilmente nell’industria in senso stretto.

• Nel 2008 sono 617 mila le famiglie in cui l’unico percettore di reddito è un dipendente part time che guadagna in media 700 euro mensili.

• In base ai dati della Rilevazione sulle forze di lavoro, si stima che a fine 2008 siano scaduti i contratti di circa 350 mila dipendenti a termine e collaboratori.

• Il lavoro atipico rappresenta la principale modalità di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Ciononostante, quasi la metà dei lavoratori atipici possiede una esperienza lavorativa almeno decennale. Inoltre, questo tipo di contratto riguarda sempre più gli occupati adulti, spesso con responsabilità familiari.

• Circa 100 mila autonomi senza dipendenti lavorano per un solo committente, non hanno una propria sede di lavoro e hanno vincoli di orario, segnalando così la presenza di elementi di parasubordinazione.

• Dopo un biennio di sensibile incremento, i colletti bianchi (lavoratori delle professioni prevalentemente intellettuali) registrano nel 2008 un significativo rallentamento del ritmo di crescita (dalle 537 mila e 301 mila del 2006 e del 2007 alle 95 mila del 2008). Tale risultato scaturisce dalla diminuzione delle professioni manageriali (-4,2 per cento) e tecniche (-3,2 per cento) e dall’aumento di quelle ad elevata specializzazione (+4,6 per cento).

• Le donne contribuiscono in maniera più significativa degli uomini alla crescita delle professioni di elevata specializzazione e contrastano la flessione maschile tra i tecnici delle scienze fisiche, naturali e dell’ingegneria.

• Al pari dei colletti bianchi, i lavoratori delle professioni manuali presentano dinamiche dell’occupazione differenziate: alla decisa contrazione dei conduttori di impianti e macchinari (-4,3 per cento nel secondo semestre dell’anno), si contrappone una crescita sia dei colletti blu ad alta specializzazione (+2,2 per cento) sia del personale non qualificato (+4,2 per cento), soprattutto per la spinta impressa dalla componente straniera.

• Dopo circa dieci anni di diminuzione, la disoccupazione nel 2008 torna a crescere (186 mila unità in più rispetto al 2007), coinvolgendo in misura maggiore gli uomini. Il fenomeno interessa in particolare il Centro e il Nord-ovest, anche se il Mezzogiorno si conferma l’area con la maggiore concentrazione di disoccupati.  

• Il principale motivo della perdita del lavoro è la scadenza di un contratto a termine. La perdita del lavoro per licenziamento, tuttavia, registra nel 2008 un incremento del 32 per cento e in due terzi dei casi riguarda gli uomini.

• Nella maggioranza dei casi il “nuovo” disoccupato è un uomo di età compresa tra i 35 e i 54 anni, che ha perso un lavoro alle dipendenze nell’industria, risiede nel Centro-Nord ed è in possesso al più della licenza secondaria.

• La crisi si ripercuote sulle famiglie. Quelle più vulnerabili, in cui non è presente alcun occupato e almeno un componente è in cerca di impiego, dopo essere diminuite ininterrottamente dal 2004 scendendo fino a 464 mila nel 2007, salgono repentinamente a 531 mila nel 2008. Si riduce inoltre il numero delle famiglie più solide, quelle con uno o più occupati standard.

• Nel 2008 quasi un milione di famiglie (838 mila con un solo occupato e 127 mila con due o più occupati), pari a circa 2,5 milioni di persone, ha redditi provenienti esclusivamente da occupazioni a termine e/o collaborazioni.

• Sono soprattutto i figli, specie quelli meno istruiti, a risentire degli effetti della crisi. Il loro tasso di occupazione, pari al 42,9 per cento, scende sette decimi di punto rispetto al 2007. Anche per i padri il tasso di occupazione si riduce (cinque decimi di punto in meno rispetto al 2007) posizionandosi all’82,7 per cento.

• Il Mezzogiorno registra il maggiore grado di vulnerabilità delle famiglie. Rispetto al 2007, infatti, quelle con almeno un occupato diminuiscono di 45 mila e quelle senza occupati e con almeno un disoccupato aumentano di 32 mila. Nelle regioni meridionali 358 mila famiglie, circa un milione di persone, vivono con un solo reddito proveniente da un’occupazione a termine o da una collaborazione.

• Le famiglie italiane conseguono, in media, un reddito in linea con quello medio europeo. L’Italia è però uno dei paesi con la maggiore diffusione di situazioni di reddito relativamente basso: una persona su cinque è a rischio di vulnerabilità economica. Rischi altrettanto elevati si osservano in Spagna, Grecia, Romania, Regno Unito e nei paesi baltici. Il rischio di vulnerabilità riguarda, invece, soltanto una persona su dieci nei paesi scandinavi, nei Paesi Bassi, nella Repubblica Ceca e in Slovacchia.

• Circa dieci milioni di famiglie (il 41,5 per cento del totale) mostrano livelli inesistenti o minimi di disagio economico. Si tratta di famiglie con redditi alti e medio-alti, più diffuse nel Nord del Paese. Circa 8 milioni e 800 mila famiglie (il 36,3 per cento del totale) vivono in condizioni di relativo benessere. Si tratta prevalentemente di famiglie formate da adulti e anziani a reddito medio e di altre più giovani a reddito medio e medio-alto, che hanno come problema quasi esclusivo il rimborso del mutuo.

• Circa 2 milioni e mezzo di famiglie (10,4 per cento del totale) segnalano difficoltà economiche più o meno gravi e risultano potenzialmente vulnerabili soprattutto a causa di forti vincoli di bilancio. Spesso non riescono ad effettuare risparmi e nella maggioranza dei casi non hanno risorse per affrontare una spesa imprevista di 700 euro.

• Circa 1 milione 330 mila famiglie (5,5 per cento del totale) incontra difficoltà nel fronteggiare alcune spese. La maggioranza di queste famiglie si è trovata almeno una volta nel corso del 2007 senza soldi per pagare le spese alimentari, i vestiti, le spese mediche e quelle per i trasporti.

• Circa 1 milione e 500 mila famiglie (6,3 per cento del totale) denunciano, oltre a seri problemi di bilancio e di spesa quotidiana, più alti rischi di arretrati nel pagamento delle spese dell’affitto e delle bollette, nonché maggiori limitazioni nella possibilità di riscaldare adeguatamente la casa e nella dotazione di beni durevoli.

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