di Sandro Calice
SETTIMO CIELO
di Andreas Dresen, Germania 2008 (Videa-Cde)
Ursula Werner, Horst Rehberg, Horst Westphal, Steffi Kühnert. La passione, il sesso, le “farfalle nello stomaco”, gli occhi lucidi, i respiri che mancano, l’insopportabile dolore di stare lontani. Drensen, già Orso d’argento a Berlino nel 2002 con “Catastrofi d’amore”, ci racconta, insomma, la forza spesso distruttiva dell’Amore. I cuori (e soprattutto i corpi), però, sono quelli di tre persone decisamente in là con gli anni. Inge (Werner) ha poco più di 60 anni. E’ sposata da oltre 30 con Werner (Westphal), uomo buono e abitudinario che le ha cresciuto la figlia di primo letto. Inge fa piccoli lavori di sartoria in casa, e quando incontra Karl (Rehberg), affascinante uomo di 76 anni, qualcosa si risveglia nel suo cuore di anziana ragazza. La prova di un pantalone diventa l’occasione per scatenare un desiderio sessuale impetuoso, quasi da adolescenti. Inge prova a dimenticare, a fare finta che sia stato un momento di follia. Ne parla anche con la figlia, che è sorpresa ma felice per la madre. E che le da un unico consiglio: viviti questa storia e fa che Werner non lo sappia mai. Ma sarà proprio quello che accadrà, con conseguenze drammatiche. “Settimo cielo” è un film che ha già raccolto molti, prestigiosi, premi. Non è la storia: il triangolo amoroso, sai che novità. Non è la “rivelazione” che la passione e i sentimenti non s’addormentano definitivamente con l’età: ci mancherebbe. Agli addetti ai lavori è piaciuto molto lo stile del film: pittorico, realista, con inquadrature fisse e quasi totale assenza di musica. E va bene. Certo è che colpisce questa sessualità a cui non siamo abituati, di corpi che sono l’esatto contrario di quelli con cui generalmente ci intossicano la mente. Una sessualità quasi esibita, tenera e potente, verrebbe da dire pura, sentimentale, tanto quei corpi e quei volti sono lontani da certa “bellezza”. E in questo sono straordinari tutti e tre gli attori, da ammirare anche per la loro professionalità nel mettersi così – letteralmente – a nudo. Il punto è che a noi che abbiamo in mente straordinarie storie di amore e sesso tra persone in età inoltrata come quella de “L’amore ai tempi del colera” di Marquez, l’eccessivo realismo – della forma, più che del racconto - ci costringe a pensare troppo, a scapito dell’emozione. Si dirà: ”E’ la vita, bellezza”. Si, ma al cinema, in fondo, non ci si va anche un po’ per sognare?